POSTI DI LAVORO IN PIU’ POSTI DI LAVORO IN MENO (la prova che poco o nulla, forse nulla, è cambiato!)

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POSTI DI LAVORO IN PIU’ POSTI DI LAVORO IN MENO
(la prova che poco o nulla, forse nulla, è cambiato!)
di Giuseppe Maddaluno (J.M.)

Negli ultimi giorni si ripete da parte dell’ISTAT (nota mensile n.10) che la disoccupazione è aumentata ed il PIL è praticamente fermo e da parte del Governo si risponde che nell’ultimo trimestre i posti di lavoro sono stati in aumento. E’ la conferma che il rinnovamento nella pratica politica non c’è stato anche se era stato annunciato e strombazzato. Non avrei mai voluto avvertire come vera la voce del popolino qualunquista che “tutti sono uguali”; spero davvero ancora di sbagliarmi, ma la speranza è al lumicino. Basterebbe girare, ma questo Governo in forme mediatiche lo fa, utilizzandolo come elemento positivo nel suo DNA, girare un po’ nelle periferie delle città, riuscire ad ascoltare le preoccupazioni della gente che vive nella sua carne la crisi lavorativa, che non riesce più a far studiare i propri figli anche se meritevoli, che non riesce più a sostenere le spese sociali (in primis quelle sanitarie) quando ne ha bisogno. Basterebbe anche andare a vedere direttamente in incognito eventualmente come vengono trattati i lavoratori nei loro ambienti, quali siano le garanzie concrete per la loro salute (e non parlo solo dello scandalo dell’amianto), come venga trattata la maternità, come non vengano rispettati da parte dei datori di lavoro orari e compensi. E sarebbe un lungo difficile e doloroso elenco di quanto accade nel mondo del lavoro. Si dirà che è meglio avere un lavoro a prescindere da tutte le garanzie: è questo ciò che si vuole? A me sembra proprio di sì. E non basta rispondere solo a chiacchiere di no. Occorre agire e sembra proprio che da parte del Governo ci si muova in senso contrario. Cioè ci si muove nello stesso senso, nello stesso “verso” dei Governi precedenti, quelli del ventennio (più o meno) berlusconiano. Sono queste, dunque, le novità introdotte? Fra l’altro nel fumo generale intorno al Job Act appare in tutta evidenza il peggioramento delle garanzie a favore dei lavoratori, con interventi disequilibrati tutti a favore degli imprenditori che dovrebbero perciò creare nuovi posti di lavoro. “Nuovi” con quelle caratteristiche di cui sopra a mo’ di schiavismo? Ecco perché non riesco a convincermi che vi sia “rinnovamento” in vista.

http://www.repubblica.it/politica/2014/11/28/news/dati_istat_reazioni_renzi_con_noi_100mila_occupati_in_piu_-101624618/

Mercato del lavoro

VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 parte 16

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I GIORNI parte 16

Un avvocato, avresti detto dalla parlantina. Un professore, invece, di Economia. Un bel ragazzo, poco calvo, dall’aria attenta e furba. Bruno come quelli del Sud più a Sud. Nuovo del mestiere, ci volle poco per diventare amici.
Lui già sapeva tutto di noi. Le tessere parlavano chiaro. Bastò qualche domanda e il discorso subito si aprì. Mi descrisse il tipo della sua clientela, vantandosi non poco di aver ospitato gente simpatica, oltre che facoltosa e, prendendoci certamente in giro, scherzosamente affermò che noi non avremmo fatto per niente invidiare i precedenti.
Eravamo ormai all’ora della passeggiata. I clienti, infatti, uno dopo l’altro uscivano.
Ma non parlò solo degli altri. La sua famiglia, ad esempio, lavorava tutta. Impiegati comunali, statali e privati.
La sorellina mostrava attenzione ai nostri discorsi, che venivano interrotti spesso da clienti che chiedevano qualcosa o che consegnavano le chiavi. Diciotto o vent’anni. Bruna, simpatica ed espansiva. Un sorriso sempre pronto, che mi venne offerto insieme all’aperitivo.
Passarono molti clienti dinanzi al banco a consegnare la chiave della loro camera prima della “passeggiata”.
La madre non entrava nei nostri dialoghi e girava, salendo su e scendendo ripetutamente dai piani superiori. Abitavano là, forse su in alto. Mi sarebbe piaciuto scattare fotografie dall’alto dell’ hotel. Chiesi. Risposta evasiva, forse che sì ma anche no.
Sono così incostante, volubile. Non faccio tempo ad innamorarmi di una persona, che già l’ho dimenticata, per un’altra o più. E così con le persone che stimo.
Tu hai voluto vincere. Per forza. Ora mi saluti, sorridendo. Un ghigno. Hai capito perfettamente come’ero. Anche se soffro, dico che non t’ho mai amata. Forse è la verità. Forse è la verità, forse no, che non t’ho mai amata. Sono stato solo un bimbo capriccioso. Un giocattolo nuovo da rompere era il mio desiderio. Che sia la verità, debbo convincermene. Per forza. Riconquistarti, dopo averlo fatto per scherzo, sarà difficile. Un tipo come me poi non tenterebbe nemmeno. Se non cambia.
Era tardi. Quasi le otto. Del pomeriggio. Rientrai. L’amico era già quasi pronto. Uscimmo.

Le scale erano frequentate da molti gatti.
Non mi sorpresi affatto quando il gatto che avevo sembrava ascoltare tutto quel che dicevo. Pensai che fosse come me. Che io fossi come lui. Chissà che non sia vero quel che dice ora un mio amico “Devi essere l’anima di un gatto reincarnata”: mi diverte parlare miagolando. E’ difficile, però, imparare. La gente brontola. Ipocrisia. Dignità e lotta. Il piccolo diviene grande. O resta piccolo. O viceversa. Due bambini si abbracciano. Sguardi attenti e curiosi. La prima vergogna sui loro volti. Col tempo si vedrà. Il rodaggio della macchina. Quello dell’uomo. La montagna bruciava. Tutto a nudo. Nero. Col tempo il verde tornerà. I nostri volti disinvolti, senza turbamenti; nascondono il timore. Ci affrontiamo dissimulando la timidezza. Per paura di soccombere. Aggressivi, innaturali. Sempre con un sorriso, per ogni evenienza. L’indifferenza assoluta finisce col non nuocere. Tutto è consentito.
Il treno volò. Arrivai molto presto a casa. Senza vedere più niente. “Parto, vado via”. Chi dice “Non tentasti” dice la verità. Come potevo, d’altronde. Non voglio vederti. Non voglio. Nevrotico. Diventerò. “Io…. ti amo” a dirlo così mentre son solo, pensieroso. “Io… ti amo, ti amo”: A chi. Non esiste. Una musica più bella. Un brivido. Pace dell’animo. C’è un posto vuoto, in treno, di fronte a me. Lo guardo. “Ti amo”. La pazzia. Adesso non penso più a niente. Tra uno e l’altro c’è sempre un grosso intervallo di meditazione. Di quiete. Tempesta dell’animo, addio. La mente di una fanciulla ripercorre le note di una canzone. Sussurro. Mi incanto.

I GIORNI 1972 – fine parte 16 – continua…

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