Nel diluvio, forse c’è un nuovo Noè con un’Arca stracolma; dopo…si vedrà – Ma intanto prepariamoci

Nel diluvio, forse c’è un nuovo Noè con un’Arca stracolma; dopo…si vedrà – Ma intanto prepariamoci

Non è di certo una forma di cattiveria gratuita quella che ha sospinto – e continua a sospingere – tanti a formulare giudizi negativi intorno all’operato di Matteo Renzi. Non c’è alcun dubbio che in questi ultimi giorni c’è stato un vero e proprio “diluvio” di video, vignette, post denigratori che hanno interessato le vicende che riguardano quel personaggio. Egli appare anche goderne, per il fatto che è riuscito a tornare quasi da solo al centro delle attenzioni pubbliche: era – questo – uno dei suoi obiettivi; egli gode di essere vituperato, di ricevere tanto odio, anche se poi si atteggia a vittima innocente di una congiura (“Ho vissuto con molto dolore l’aggressione mediatica di queste settimane: l’odio e il pregiudizio non mi avevano mai fatto male come stavolta, devo confessarlo” ha dichiarato all’Ansa).         Non sarà mai in grado di confessare il livello di invidia che lo ha mosso contro il Premier Conte che, con i suoi modi raffinati, colti, pacati ha ottenuto il rispetto delle cancellerie internazionali, a partire da quelle europee, ed un consenso molto elevato del popolo italiano.

Anche se non posso negare di avere forti pregiudizi verso quell’uomo affermo che non c’è davvero alcuna forma di accanimento nei suoi confronti, anche da parte mia: vorrei qui annotare che, di giorno in giorno vado spostando in là nel tempo alcuni miei post già preparati, nei quali tratto di Cultura, di Cinema, di Società e Politica: ne ho pronti fino a metà marzo. 

Ma sono invece sollecitato a trattare di questa realtà socioantropologica renziana. Ieri sera ascoltavo Barack Obama con i suoi toni colloquiali, mai boriosi, altezzosi, gigioneschi, maramaldeschi. Se vado indietro con la mente non ho memoria di personaggi così tanto odiosi “a pelle”. Seguo con attenzione le prossemiche e le argomentazioni di tanti politici e non posso esimermi dal rivelare che provo una forte repellenza quando ascolto sia Renzi che Salvini, i quali dovrebbero essere contrapponibili secondo alcuni canoni vetero ideologici (e non mi convincerebbe l’idea che si sta vivendo l’era della crisi e della fine delle ideologie) ma in realtà nel loro modo di porsi sono molto simili.

Ma, guardando avanti senza dimenticare il passato prossimo, coltivo la speranza che il nuovo Premier – per ora solo “incaricato” – faccia presto e bene  quel che è necessario fare e che si sarebbe potuto realizzare anche con un semplice “restyling” del precedente Esecutivo. Se non è stato possibile – non lo dimentichiamo –  lo dobbiamo alla coggiutaggine livorosa di Renzi e Salvini. Entrambi penseranno di accreditarsi come demiurghi profeti artefici della discesa in campo di Mario Draghi. Ovviamente non va dimenticato che la visione politico economica di quest’ultimo è molto più vicina ad una Destra moderata di tipo finanziario seppur illuminata da una preparazione culturale di livello internazionale. Ed a tale proposito comprendo le ragioni di coloro che temono le maggiori consonanze del “futuro” Premier con i “poteri forti” extranazionali ma nei  confronti dei tanti compagni strenui sostenitori di un’opposizione in preparazione di una “rivoluzione”, rilevo che se le “cose” stanno così, ciò non è dovuto ad un destino frutto di vagheggiamenti onirici ma ad una serie di precondizioni e di eventi che non possono essere bypassati rapidamente: vanno analizzati, digeriti e poi elaborati in un lavoro comune che sia in grado di coinvolgere “culturalmente” le masse.

8 febbraio – Da rottamatore a costruttore: forse una spiegazione c’è!

Da rottamatore a costruttore: forse una spiegazione c’è!

Da “rottamatore” a “costruttore” in una sarabanda trasformistica che fa tornare alla mente i tempi “belli per lui e per chi lo sostenne” di Berlusconi, quando veniva rappresentato come “operaio”, “pasticcere”, “capotreno”, “pompiere” e tanto altro  l’attuale erede del berlusconismo non può che essere Matteo Renzi. D’altra parte lui non ha mai fatto velo di essere attratto dalla parabola ascendente dell’anziano leader di “Forza Italia” e lo ha dimostrato anche nel momento in cui ha voluto creare una propria identità esclusiva con “Italia Viva” ponendo l’accento proprio sulla appartenenza nazionalistica: un neosovranismo di Centro senza la Sinistra, da sempre per lui  ingombrante.

Il suo è apparso a tanti come un progetto distruttivo del Partito che fu di Togliatti e Berlinguer e poi di Occhetto e D’Alema pur con una sostanziale modificazione tra i primi ed i secondi “due leader”.

Non sono scollegati da queste riflessioni molti degli eventi recenti come l’accelerazione imposta alla crisi del secondo Governo Conte ed il contemporaneo rifiuto di dar vita ad un Conte-ter, oltre a quell’intervento in terra saudita a sostegno delle politiche iper liberiste di quel Governo (che dovrebbero essere giudicate molto diverse da quelle che nel “nostro” Paese andrebbero programmate e realizzate), per non parlare della sua espressione di volontà di trasformazione da “rottamatore” a “costruttore”. Quanto a quest’ultimo “termine” è rivelatore di un dato che dovrebbe indurre in attente riflessioni, quanto a quel che apparirebbe una “conversione” di quella parte di Politica aggressiva e oppositiva a volte “a prescindere” in modo bassamente “ideologico”, come la Lega  che sembra apprestarsi ad appoggiare “convintamente” il futuro Governo Draghi, per sedersi al ricco desco dei contributi europei.

Ritornando brevemente al suo discorsino, in un inglese terrificante, di fronte al principe saudita Mohammad bin Salman, presidente del Fondo per gli investimenti pubblici (PIF), presidente del Consiglio degli affari economici e dello sviluppo dell’Arabia Saudita, che sembra esprimere soddisfazione da tutti i pori, c’è da notare che simili argomentazioni non sono tollerabili da parte di chi continua a praticare Politica attiva nelle istituzioni: sarebbe stato molto probabilmente – non da parte mia, però –  in gran parte diverso il giudizio su quel che Renzi ha detto (a conferma del suo vero pensiero)  laddove egli avesse mantenuto la promessa di abbandonare in modo definitivo la Politica dopo la debacle post referendaria e le batoste elettorali successive. Invece sia lui che la signorina Boschi hanno proseguito a calcare gli scranni parlamentari e a dispensare la loro sapienza, dimostrando ancora una volta di più lo scarso rispetto nei confronti del popolo italiano. Sulla gravità dell’intervento in terra  saudita invito a leggere l’articolo apparso su “Libération” a firma di Eric Jozsef e riportato sul numero 1395 di “Internazionale” del 5/11 febbraio (ora in edicola).

Non hanno destato in me alcuna sorpresa i volti rasserenati di alcuni leader della Lega davanti agli affondi di Matteo Renzi: provavano un sottile piacere perchè il “capo” di Italia Viva si incaricava del “lavoro sporco” e li metteva in grado di riprendere a partecipare in modo “concreto e diretto” alla “ricostruzione” con tutti i vantaggi possibili ed immaginabili cui la Politica ci ha da molto tempo abituati.

Allo stesso tempo non sono rimasto sorpreso nel vedere e sentire l’intervento di Matteo Renzi all’uscita dal primo incontro con Mario Draghi, incaricato della formazione di un “nuovo” Esecutivo. Avevo già pensato da qualche giorno, sin dalle sue dichiarazioni piene di “saggezza(!)” all’uscita della consultazione con il Presidente della Repubblica, che la sua ambizione smodata sarebbe stata quella di un nuovo incarico per se stesso a formare il Governo; poi Domenico Starnone in un editoriale sul numero di “Internazionale” – lo stesso di cui parlo sopra – a pagina 14 conclude suggerendo a Draghi una possibile soluzione: “Forse, se lo stimato banchiere-politico vuole portare a termine con serenità il suo mandato, deve tenere per sé il ministero dell’economia e assegnare a Renzi la presidenza del Consiglio.”

7 febbraio – IL SILENZIO ASSORDANTE dei sostenitori (quelli che sono rimasti “a guardia” del PD) di Renzi

IL SILENZIO ASSORDANTE dei sostenitori (quelli che sono rimasti “a guardia” del PD) di Renzi

Sono trascorse più di due settimane, quasi tre, da quel 19 gennaio allorquando in Senato Matteo Renzi a nome della sua creatura “Italia Viva” pronunciava il suo discorso di addio al Governo Conte, imponendo di fatto una virata poderosa al proseguimento del cammino di quell’Esecutivo. In quell’occasione, a conferma di un elevato tasso di ipocrisia presente in modo strutturale nel corpo della Politica, egli ebbe modo di affermare rivolgendosi al Presidente del Consiglio “Quando mi ha proposto degli incarichi internazionali le ho detto di no. Lei non può cambiare idea per mantenere la poltrona. Questa è la trasformazione finale della politica in reality show”.

Da una inchiesta del giornalista Emiliano Fittipaldi (giovane antesignano del giornalismo di denuncia) per il quotidiano “Domani” qualche giorno dopo abbiamo potuto capire per quale ragione Renzi abbia preferito puntare ad altri incarichi, extraparlamentari, forse più promettenti di soddisfazioni. Senza alcun dubbio confermo che ritengo che ciascuno di noi debba avere la libertà di scegliere il meglio per sé; ma questa vicenda – oltre al livello di ipocrisia manifesta (che è purtroppo largamente diffusa tra i politici) – è diventata oggetto di una serie di approfondimenti in relazione ad alcune affermazioni che solo apparentemente svelano contraddizioni, dal momento in cui rivelano la distanza sempre più netta, direi anche “abissale”, con il sentimento comune della stragrande maggioranza di coloro che hanno sostenuto l’ascesa poderosa renziana ed in qualche modo ancor oggi, pur se in numero ufficialmente drasticamente ridotto (e ciò è elemento di forte sofferenza per un egocentrico cronico), continuano a promuovere.

In tutte le dichiarazioni di Renzi (per “Italia Viva” è l’unico a prendere la parola tra silenti comparse) è perenne un “ritornello” allorquando afferma che “Questa crisi non è sul carattere o sulla simpatia: è una crisi sulle scelte da fare per il futuro”. Ma è proprio questa puntualizzazione a fare emergere che si tratti proprio di un “capriccio infantile”, una delle modalità che hanno definito e qualificato il personaggio negli ultimi venti anni: sottolineare ciò che è vero negandolo fermamente.

La sua natura è indubbiamente quella del “rottamatore” ed infatti si appropria di tale titolo con orgoglio nel 2010 pensando in primo luogo a distruggere la parte meno utile alla sua ascesa nel corpo già febbricitante del Partito Democratico. Una volta conquistato il ruolo principale nel PD ed essendo convolato grazie al sostegno di un Presidente della Repubblica al ruolo di Premier, scalzando in modo indegno il legittimo detentore di quel ruolo, ha tentato di promuovere una sorta di “colpo di Stato democratico” con la “sua” proposta di Riforma complessiva della Carta costituzionale. Con la bocciatura popolare di questa, sembrava essersi conclusa la sua parabola con l’annuncio che “se vince il NO lascerò la Politica” (vedi video).

Tutti dovrebbero ricordarsi di come sono andate poi le cose.

Ritornando ai giorni nostri, vorrei rilevare come sia “assordante” il silenzio di quella parte che ha contribuito al successo di Matteo Renzi in modo particolare nella scalata ai vertici del Partito Democratico; cosa aspettano ad esprimersi: sono contenti dei danni che hanno provocato in questi anni di “rottamazione” di tanta parte “attiva” nella Politica territoriale? Pensano che quel che è accaduto sia davvero responsabilità dell’Esecutivo? Non trovano “ragioni” in tale direzione nell’opinione pubblica, disgustata, nauseata, non solo per il comportamento di Renzi, ma anche dalla presunzione di qualcuno dei suoi parlamentari che si esprime nel richiedere che venga riconosciuta come utile al “bene del Paese” questa ulteriore azione distruttiva?

…prosegue….

6 febbraio – Di fronte agli Azzeccagarbuglismi renziani – Governo tecnico o politico o “tecnico-tattico”?

GOVERNO TECNICO O POLITICO  – GOVERNO TATTICO?

Non abbiamo per niente bisogno di sentirci rassicurati di fronte allo sfascio procurato all’attuale situazione politica da parte di un gruppetto minuscolo di “pasdaran” centrodestristi (sono degli “illusionisti” da strapazzo che tentano di nascondere il proprio reale pensiero) come quelli che afferiscono a Italia Viva ed al loro “capo” Matteo Renzi. Il saggio “pistolotto” autoreferenziale che ha tenuto di fronte ai giornalisti all’uscita dal “colloquio” (termine inadatto per chi predilige soliloqui) con il Premier incaricato, Mario Draghi ha messo in chiaro la naturale propensione a primeggiare . “Cui prodest?” (a chi interessa prioritariamente?) l’attuale sfascio procurato in modo proditorio e vigliacco (il termine è facilmente collegabile a chi – dopo aver procurato una rottura – finge di non esserne colpevole: anzi, se ne vanta pure), a chi torna a vantaggio? Certamente alle “Destre” che da sole non sarebbero di certo riuscite a rimettersi in gioco; al suo amico Berlusconi con cui si era intrattenuto più volte dalle visite ad Arcore a quelle in via del Nazareno ed a quella parte “operosa” collegata ai grandi interessi finanziari cui fanno gola molti tra i tantissimi miliardi che affluiranno da parte dell’Europa. Certamente gioisce la Lega e soprattutto quel Salvini che, incautamente, ma in modo molto simile (non per numero di consensi) a Renzi, aveva tentato di disarcionare Conte già lo scorso anno; e non c’era riuscito. E forse anche qualche “nuovo amico” lontano erede di Alì Babà.

Non una sola volta, di fronte ai morsi della pandemìa, avevo caldeggiato (son poca cosa, ma con libertà esprimo il “mio” pensiero) una presa di coscienza generale da parte delle forze politiche, tutte insieme. Quel che è accaduto è la “realtà”; i miei auspici, così come quelli di tanti altri cittadini, erano l’utopia necessitata. Sappiamo come è andata.

Ho più volte parlato di responsabilizzazione, non solo nei mesi scorsi. Anche in questi post recenti.

Di fronte allo sfascio provocato dal dissennato comportamento di Matteo Renzi il tema della responsabilizzazione diventa un diktat che con urgenza deve essere portato a termine. Anche se in questa fase assume un significato diverso ed apre scenari molto diversi.

Ci si va chiedendo come debba e possa essere un “governo” in questa nuova fase di mantenimento e di  ricostruzione. Un Governo politico avrebbe potuto garantire una assunzione di responsabilità diretta alcuni mesi fa. Le forze politiche avrebbero potuto firmare una tregua davanti al numero elevatissimo di contagiati e vittime, davanti al dramma della perdita del lavoro. “Avrebbero dovuto” ma non lo hanno voluto, mantenendo le distanze accumulate negli anni precedenti. Dopo la “tregua” risolti i problemi “insieme” si sarebbero riprese le contese elettorali.

Oggi la scelta “politica” che con urgenza sembra avere consenso diffuso ed, in un contesto nel quale non si sono attenuate le distanze, sarebbe molto pericolosa, è la strada peggiore da intraprendere. Probabilmente anche il Capo dello Stato  ha espresso tale considerazione quando nel suo intervento di martedì 2 febbraio ha detto “ Avverto pertanto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica “.

Chi cerca di aggirare il pensiero di Sergio Mattarella lo fa semplicemente per tenere il punto sulla necessità di non perdere di vista il proprio limitato potere. C’è con chiarezza l’indicazione di un Governo di tipo “tecnico” con funzioni limitate alla soluzione delle urgenze, così come peraltro elencate in modo sintetico e razionale dallo stesso Mario Draghi fresco di investitura: «vincere la pandemia, condurre in porto la campagna vaccinale, dare risposte ai problemi quotidiani dei cittadini, rilanciare il Paese» .

5 febbraio – IL TEMPO DELLE RESPONSABILITA’ – intorno al MES un preambolo e parte 3

IL TEMPO DELLE RESPONSABILITA’ – intorno al MES un preambolo e parte 3.

Proseguendo fin quando avrò la possibilità di esprimere il mio DISGUSTO

Una NAUSEA profonda verso quella parte della Politica che ha evidenziato un livello alto di irresponsabilità nel tentativo di far prevalere interessi estremamente limitati e personali, non “poco più che” ma “molto meno che” individuali limitati e personali, anche se contrabbandati come “generali” a difesa della gente, del popolo. E’ la sensazione che sto provando in questi giorni, durante i quali la Buona Politica è stata sottomessa a ricatti continui, in una sorta di danza macabra sul corpus debole del Paese. I responsabili di questo sfascio – in primo luogo quel tale Matteo Renzi – hanno continuato a fingere di lottare per il “bene comune” e nel contempo però lo tradivano meditando vendette e rivalse molto lontane dalla Buona Politica. Con uno degli esempi di questa “querelle” faccio ritorno alle posizioni del Movimento 5 Stelle (verso il quale non ho atteggiamenti di sussiego e rivolgo critiche aspre) e cerco di comprendere le ragioni per cui si oppongono a richiedere i fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), anche se collegabili esclusivamente alla emergenza sanitaria del Covid19. Il problema principale è che “proprio per quel motivo” collegato ad una emergenza sanitaria i parlamentari del M5S non si fidano delle strutture amministrative che sovraintendono a quel settore nella sua complessità. Questa scarsa fiducia ci fa ritornare alle colpe “originali” del Movimento, anche se in questo caso emerge un certo livello di consapevolezza dei limiti di azione politica, assenti in quegli altri due temi da me accennati sommariamente nei due post precedenti. In particolare c’è un forte dubbio collegato al recepimento di tali risorse e la preoccupazione che le strutture pubbliche non sarebbero in grado di gestirle con adeguata oculatezza; visti i precedenti e annotati anche alcuni eventi recenti come dar torto a chi si oppone a richiedere quei fondi. Di certo non è un buon segnale: significa che ci si arrende di fronte alla corruzione ed al malaffare e ci si autodenuncia come incapaci di governare.

Pur tuttavia questa presa di coscienza rivela di essersi avviati in un percorso di maturazione che può dare buoni frutti.

Molto lontano da questo è quell’atteggiamento maramaldesco, arrogante e presuntuoso, finanche con aspetti di infantilismo raggiunti nelle dichiarazioni degli esponenti responsabili della crisi delle ultime ore, allorquando dichiarano di essere sempre stati attenti agli interessi del Paese. Peccato che, con questa loro scelta, il Paese è ancor più lontano dai luoghi e dai “cuori” della Politica.

Anche se condivido il pensiero di chi non tiene conto dei sondaggi per avanzare proposte ed idee innovative per migliorare il nostro Paese non si può fingere di non leggerli. Italia Viva non si schioda dal suo limitato consenso (lo “zoccolo duro” del 2 o 3%) e il Premier uscente è sempre più contornato da affetto e stima, a partire da quella che gli ho espresso, senza mai indulgere in piaggerie e senza mai risparmiare critiche all’operato del suo Governo.

4 febbraio IL TEMPO DELLA RESPONSABILITA’ un preambolo e parte 2

IL TEMPO DELLA RESPONSABILITA’ un preambolo e parte 2

Mentre scrivevo, quasi in diretta, si avvertivano i segnali della “crisi politica” che sta portando a soluzioni non del tutto inattese: ovvero “annunciate”.

Quel difetto “originale” (dovrei dire “quei difetti” ma mi sono limitato a tracciarne due, che hanno caratterizzato le “diatribe” degli utlimi giorni) del maggior gruppo politico rappresentato in questo Parlamento sta creando una serie di difficoltà che rendono ancor più tragica la nostra attuale situazione. A conti fatti è il meccanismo di accettazione e reclutamento del personale politico (anche se non è accettata questa accezione da parte del Movimento di cui si parla) ad essere il vero e proprio “problema” da cui trae origine lo spappolamento lento e progressivo di quel gruppo. Molto affascinante da un punto di vista ideale (la possibilità di poter accedere rapidamente a ruoli di primo piano nel “mondo” politico) porta ad un difficile “controllo” (non rigido ma rigoroso, nel rispetto delle regole democratiche) da parte degli organismi dirigenti prescelti in assemblee riservate. Quel difetto iniziale conduce ad una rappresentanza dispersiva nella quale si combinano interessi spesso molto diversi e contrapposti tra loro. Come scrivevo nel primo blocco, il desiderio (il “progetto”)  primitivo era quello di riuscire ad avere una maggioranza che non avrebbe dovuto compromettersi in accordi di vario tipo per poter governare. Non è andato a buon fine. A questo punto, prima lo capiranno, i maggiori dirigenti di quel Movimento, e meglio sarà per tutto il Paese. Ovviamente, dovranno procedere ad una necessaria “revisione” dei fondamentali e scegliere prima di tutto da che parte stare: dire che “si sta dalla parte dei cittadini” non è solo demagogico e populista; è – come dicevamo noi giovani – “qualunquismo d’accatto”.

E’ forse una pia illusione, la mia (e ancora una volta mi ripeto).

Ovviamente, non ci siamo nemmeno fatto mancare altre “follie”. Faccio fatica a riparlare di quel soggetto politico (grandi paroloni di sostegno intorno a lui si continuano a spendere, insieme ad improperi e addebiti negativi) verso il quale ho da sempre assunto un atteggiamento di motivato disprezzo. E negli ultimi mesi ha messo in mostra il peggio di sè, alienandosi molti consensi, alcuni definitivamente perduti altri hanno espresso un dissenso “paterno o fraterno” ipocritamente affermato nell’attesa di capire quale peso potrà avere nell’immediato prossimo futuro.

Ed è proprio in questo momento nel quale “tutti” avrebbero dovuto mettere da parte i loro distinguo che è emerso il peggio del peggio.

Leggo “post” di preoccupazione da parte della Sinistra, quella che crede di essere la sola ed unica depositaria di quella “parte” di verità, che ha di norma  praticato l’arte dello sfasciamento, nei confronti del possibile Governo Draghi. Non ho ancora letto tuttavia proprio da parte di questi ultimi l’assegnazione delle responsabilità, come se da una parte si volesse soprassedere alle irresponsabili azioni di Renzi e il suo gruppetto di sostenitori e dall’altra preferire una contesa elettorale, per la quale si sarebbe destinati ad ulteriori ridimensionamenti: una specie di “cupio dissolvi” del Terzo Millennio.

Ragionare sì, si deve; ma non con i paraocchi.

E comunque, anche se mi rendo conto che entrerò in una forte contraddizione (mi riferisco alla mia richiesta di “moderazione” riflessiva in questa fase di crisi), sono ad auspicare che – nella prossima contesa elettorale – IV, tenendo fede ai suoi comportamenti, sostenga il Centrodestra. Tale è per me la condizione “sine qua non” per poter sostenere un raggruppamento “politico” di Sinistra, in cui non ci sia spazio per quella sigla.

3 febbraio – STATI GENERALI – una variazione di CTS – parte 8 e 9 e ultima come annunciato in data 14 gennaio

STATI GENERALI – una variazione di CTS – parte 8 e 9 e ultima come annunciato in data…..

Cosa ci può interessare l’elenco delle iniziative programmate dall’Assessorato se non possiamo partecipare alle decisioni? Siamo o non siamo amministratori di secondo livello all’interno di un’unica città? Siamo trattati più o meno come dei giornalisti (“absit iniuria verbis”, con l’immenso rispetto per la categoria!) chiamati ad una Conferenza stampa (detto tra noi e proprio a questo proposito: molto spesso – per non dire abitualmente – anche quando partecipiamo, con le nostre idee e proposte, a rimpinguare di appuntamenti ed iniziative il Programma generale del Comune (festività natalizie e Estate), non siamo nemmeno invitati poi alle Conferenze stampa relative). Siamo dunque considerati esclusivamente dei manovali, dei portatori d’acqua senza una specifica identità.

Qualcosa di simile avviene praticamente con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione: un esempio su tutti. Tutto il complesso, consistente, rilevante per qualità e quantità, delle attività formative che è in capo alle Circoscrizioni non ha trovato spazio nei depliant informativi redatti dall’Assessorato e diffusi sul territorio per informare i cittadini. E’ stata una disattenzione o una mancanza voluta? La differenza tra l’una e l’altra è davvero poca: è il segnale di una sottovalutazione del ruolo delle Circoscrizioni, che a tutta evidenza vengono trattate con fin troppa sufficienza (ed esprimendo tale giudizio, sono cortese).

Mi rendo ben conto che per qualcuno che in tali procedimenti ha operato in buona fede (penso ai funzionari e gli istruttori che controllano il tutto) questi miei rilievi potranno apparire ingenerosi; ma vi pregherei, perlomeno, amici e colleghi amministratori, di non volerci alla fine concederci quella mera paternalistica e paziente “pacca sulle spalle” che proprio a nulla servirebbe: servono, invece, davvero fatti e atti concreti in controtendenza che permettano alle Circoscrizioni di cooperare, se possibile tutte insieme, ad un Progetto comune per tutta la città e di poter costruire progetti strutturali complessivi che non siano condizionati alla precarietà e in questo modo non siano destinati a morire quasi subito dopo aver visto la luce.

Mi rendo ben conto che per qualcuno che in tali procedimenti ha operato in buona fede (penso ai funzionari e gli istruttori che controllano il tutto) questi miei rilievi potranno apparire ingenerosi; ma vi pregherei, perlomeno, amici e colleghi amministratori, di non volerci alla fine concederci quella mera paternalistica e paziente “pacca sulle spalle” che proprio a nulla servirebbe: servono, invece, davvero fatti e atti concreti in controtendenza che permettano alle Circoscrizioni di cooperare, se possibile tutte insieme, ad un Progetto comune per tutta la città e di poter costruire progetti strutturali complessivi che non siano condizionati alla precarietà e in questo modo non siano destinati a morire quasi subito dopo aver visto la luce.

Ora, diciamocelo con infinita chiarezza, quanto è avvenuto ieri, con le dimissioni dell’Assessore alla Cultura (n.d.t.: il 12 febbraio del 2002 Giuseppe Vannucchi, grande giornalista della RAI in pensione e Assessore alla Cultura nella seconda legislatura Mattei, si dimette), che spero fortemente e sinceramente possano nel più breve tempo rientrare, esige con urgenza che si proceda ad aprire una seria riflessione su come, a livello istituzionale, ci si debba muovere per non incorrere in errori, omissioni, malintesi ed occorrano regole precise, certe, che consentano la più ampia trasparenza.

Voi, caro Sindaco, cari Amministratori, gentilissimi Dirigenti, ci dovreste far sapere una buona volta per tutte cosa volete davvero che siano le Circoscrizioni.

Noi stiamo dicendo tutto questo in un contesto, questo degli Stati Generali, creato (almeno spero e credo sia stato pensato in tal senso) appositamente per un confronto il più ampio possibile, per un dibattito propositivo, per riuscirci a dire apertamente – e pubblicamente – tutto quello che di positivo o di negativo noi quotidianamente verifichiamo; abbiamo tutti bisogno di fare qualche passo in avanti, lento se pensate e desiderate ma in ogni caso “in avanti”. La nostra preoccupazione è ovviamente quella di essere costretti, all’interno delle enormi difficoltà strutturali create dall’attuale Governo (n.d.t.: il Berlusconi 2), a fare dei passi indietro molto mortificanti.

Lo dico per la Cultura, lo dico per la Formazione, lo dico per il Sociale, lo dico per le Circoscrizioni e dunque lo dico per la città intera.

E’ anche per questo che ritengo sia ancora più necessario raccordarsi, coordinarsi per poter tappare, nel miglior modo possibile, con la sussidiarietà, tutte le falle che, soprattutto nella Formazione e nel Sociale, saranno create a causa delle sciagurate scelte governative nazionali. Di certo non basteranno più soltanto gli interventi istituzionali: occorreranno investimenti privati ed è giusto insistere in questa direzione coinvolgendo chi raccoglie ricchezza da questo territorio affinché restituisca parte della ricchezza in modo prioritario a questo territorio..

Ritornando al Coordinamento da me presieduto voglio ricordare che è stato attivato un raccordo positivo con le due maggiori Istituzioni Culturali presenti sul territorio ed aventi caratteristiche perlomeno nazionali: il Teatro Stabile “Metastasio” ed il Centro per l’Arte Contemporanea. Con la prima la collaborazione, forte anche di una esperienza precedente, è soddisfacente ed avanzata, anche se gli ostacoli che si frappongono per un rapporto ottimale sono da sempre le scarse risorse finanziarie a nostra disposizione per poter meglio intervenire; con la seconda si è avviato ma non si è del tutto perfezionato un raccordo, ma da parte nostra esiste la volontà di andare avanti, anche per consentire al Centro una migliore e maggiore diffusione delle sue attività istituzionali su tutto il territorio cittadino.

In quest’ottica di grande ed ampio coinvolgimento di quelle che sono alcune delle parti migliori dal punto di vista culturale di questa città è partita dal Coordinamento l’idea di fare riprendere a Prato l’iniziativa sulla Formazione Permanente – Educazione degli Adulti che era stato punto di forza delle Amministrazione cittadine nei lontanissimi anni Ottanta del secolo scorso. Un primo tentativo si era arenato poco più di un anno fa (il 2000) di certo per un “ritardo” di coordinamento della maggioranza delle Circoscrizioni; nel 2001 con un Coordinamento più attivo e con il coinvolgimento del Direttore della Biblioteca Comunale, il dottor Franco Neri, abbiamo ripreso il cammino, decidendo di partecipare ad un Bando multimisura della Provincia di Prato relativo all’Educazione degli Adulti.

Nel Progetto abbiamo messo a frutto tutta la cooperazione attivata, eed infatti c’è il Met, c’è il Pecci, c’è l’Università della Terza Età, c’è la Scuola di Musica “Verdi”, c’è il “Dagomari”, c’è l’ Archivio Fotografico Toscano, c’è la FIL, c’è la Biblioteca “Lazzerini”, c’è Dryphoto, c’è l’Associazione “Alta Via Trekking, c’è la Scuola d’Arte “Leonardo”, ci sono quattro Circoli della Circoscrizione Est, c’è la Società “Interporto” e c’è spazio per tanti altri soggetti. Il Progetto è stato approvato, ha ottenuto tutti i finanziamenti richiesti ed è un bellissimo esempio di come, lavorando in sinergia, si possono ottenere risultati egregi. E’ evidente che questo Progetto, così come è, è comunque limitato. Durerà due anni (2002-2003) e poi tutto potrebbe finire e servire a poco. Noi ovviamente ci chiediamo: cosa vuol fare l’Amministrazione Comunale in questo settore? Dopo la fiammata degli anni Ottanta tutto si è afflosciato: qualche iniziativa politica si era palesata negli anni Novanta dietro la spinta di alcuni Consiglieri Comunali e di Circoscrizione ma poi, poiché chi doveva pensarci non ci credeva, tutto è finito lì. Ora le Circoscrizioni hanno indicato la strada: vogliamo provare a percorrerla tutti insieme? Al sottoscritto, che negli anni Novata era tra quei Consiglieri di cui parlavo prima, la faccenda dal punto di vista politico interessa. D’altronde ci ritroviamo anche qui di fronte ad una situazione nella quale le difficoltà economiche sono aumentate insieme ai bisogni formativi della gente: da un lato il Governo non parla neanche più di questo argomento come se fosse residuale ed insignificante (il precedente Governo di Centrosinistra aveva dato forte rilievo alla formazione continua – ndR.: nel II Governo Amato aprile 2000 Giugno 2001 il dicastero della Pubblica Istruzione fu assegnato a Tullio De Mauro); dall’altra parte però c’è una richiesta sempre più forte di educazione permanente, alla quale bisogna dare risposte, non fosse altro che per allontanare la gente quanto più possibile da quella che, parafrasando Popper, chiamerei senza alcun dubbio, “cattiva maestra televisione”.

Vorrei conclu

dere davvero il mio intervento con un auspicio, quanto mai ed ancor più attuale dopo le esternazioni con annesse dimissioni dell’Assessore Vannucchi: che il prossimo Programma di Governo del Centrosinistra in questa città abbia una nuova parola guida: CULTURA.

Non considero affatto impossibile e velleitaria questa ipotesi: nella “forma” (Cultura ambientale, formativa, sociale, teatrale, artistica, urbanistica, di Governo, democratica…, ecc…) queste declinazioni sono sicuramente possibili, a me piacerebbe che lo fossero anche nella “sostanza”.

Non sarebbe poi neanche tanto difficile dimostrare che una città si cambia in meglio se migliora il suo livello di CULTURA.

Prato li 13 febbraio 2002

prof. Giuseppe Maddaluno

Coordinatore Commissioni Cultura

2 febbraio – Cani gatti e figli – il nostro “primo figlio” era “peloso” – parte terza (per la seconda vedi 19 gennaio)

Cani gatti e figli – il nostro “primo figlio” era “peloso” – parte terza

Con Saverio, il cui cognome è identico a quello di un politico verso cui non ho stima (non lo menziono per non fargli alcun tipo di pubblicità), abbiamo anche organizzato iniziative culturali di prestigio e delle escursioni di tipo storico sul Grappa e sull’Altopiano di Asiago alla ricognizione delle vecchie trincee della Prima Guerra Mondiale, che a quel tempo – metà anni Settanta – non erano state delimitate a uso turistico: di quest’ultima gita conservo una foto nella quale sono proprio con il suo cane. Ho scritto questa parte  per dimostrare quanto i miei giudizi sui “cani” siano chiari e non del tutto indicativi di un rifiuto totale nei loro confronti: detto questo, spero che non mi mordano!

Poi, i miei colleghi uno dopo l’altro andarono via per trasferimento. E d’altra parte Mary ed io avevamo deciso di sposarci e la mansarda “arredata” sarebbe stato il nostro primo appartamento per la nuova vita in comune.

Una notte di inverno (era gennaio) non particolarmente gelida in quella realtà del centro della città antica, dove non ci sono rumori nemmeno nei periodi di festeggiamenti, sentimmo un pigolio come si trattasse di un paperottolo. Era incessante e accorato. All’alba quel pianto proseguiva ad interrogarci: “Cosa fate?”

“Che facciamo!?”, ci affacciammo alla luce tenue del giorno per capire da dove provenisse; lo facemmo dalle piccole finestrelle della cucina e del bagno che davano su un cortile interno dove c’erano ambienti disabitati ormai abbandonati come ruderi e pieni di una vegetazione varia.

Vi si accedeva attraverso un vano stretto e buio adibito al pianterreno come deposito di attrezzi per spalare la neve e per accatastare legna per il camino. Anche per questo motivo (l’inverno era ancora lungo e a Feltre dura fino al marzo inoltrato)  lo spazio per transitare verso il cortile era ridotto. Mary ed io andammo a vedere dove fosse il paperottolo e, con grande sorpresa scoprimmo che si trattava di un minuscolo gattino, di pochi giorni, quasi del tutto sfinito dalla fame e dalla disperazione. Mary corse su a prendere un panno, una vecchia maglia sdrucita con cui agguantare la bestiolina, sia per difendersi dalla naturale ritrosa aggressività, solo potenziale ma non reale visto che aveva ancora gli occhi chiusi e doveva essere venuto al mondo da pochissime ore, sia per dare a quel corpicino un po’ di calore.

Lo avvolsi nella lana e lo portammo su in mansarda. Mary si vestì e corse alla Farmacia che distava un trecento metri da casa subito dopo la Porta da cui si accede sul “liston”. Su consiglio della dottoressa acquistò un piccolissimo biberon e poi si fermò alla Standa per comprare del latte. Intanto io avevo recuperato uno scatolo di scarpe e, inseriti a giaciglio altri panni un po’ riscaldati sui termosifoni, vi avevo adagiato il micetto, che appariva sempre più tranquillo. Era un gatto europeo dal pelo striato tra grigi chiari e rossicci. Un esserino indifeso, il cui destino sarebbe stato segnato in modo negativo se non ne avessimo percepito la presenza.

IL TEMPO DELLA RESPONSABILITA’ un preambolo e parte 1

Questo post, come altri, ha lo scopo di mantenere alto il livello di “memoria” (a partire dalla “mia”, si intende) per poter meglio comprendere la realtà nella quale viviamo

IL TEMPO DELLA RESPONSABILITA’ parte 1


Vale per tutti.

Anche in un post di alcuni mesi fa, avevo sottolineato che – di fronte agli eventi infausti – una classe politica deve essere in grado di far emergere gli aspetti positivi comuni.

In realtà era – la mia (ma anche quella “nostra”) – una mera pia illusione. Troppi sono stati gli eventi “infausti” che hanno caratterizzato il quadro politico italiano “prima” che la pandemìa dilagasse. Una crisi profonda soprattutto morale proveniente da tempi lontani e mai sanata, nonostante gli sforzi della parte migliore del paese, incapace tuttavia di assumere ruoli dominanti, ha fatto sì che la crisi economica – anch’essa, per un periodo di tempo, pandemìca – producesse danni insanabili.

Deve essere in grado. “Dovrebbe”. Ma in questi ultimi anni è anche accaduto che fosse messo in discussione in modo superficiale il mondo politico, proponendo soluzioni di tipo populistico che avevano – e hanno, purtroppo – il difetto di non essere garantite da una base di riforme assolutamente necessarie per poterle poi applicare concretamente.

Il Movimento 5 Stelle ha di certo il merito di aver posto all’attenzione del Paese la necessità di interventi in modo particolare nei settori della Giustizia e del Lavoro. Lo ha fatto puntando all’ottenimento di una maggioranza assoluta per poter governare ed allo stesso tempo evitare di dover concordare con altre forze politiche l’azione di Governo. Tutti sanno come è andata nel 2018: il progetto è “fallito”. E si è dato vita ad una coalizione con la Destra salviniana, tra le peggiori che si siano fino ad ora conosciute. Prova ne sia che ad apertura dell’estate dell’anno successivo, il 2019, Salvini ha tentato di far saltare il Governo presupponendo di avere ormai le carte giuste per assumerne la guida. Anche questo progetto è fallito; e si è dato vita ad una nuova coalizione di segno opposto.

L’accenno a Giustizia e Lavoro è riferito ad alcuni aspetti come la sospensione della prescrizione dal momento dell’inizio del processo (ovvero con l’assunzione della qualità di imputato) e a tutta la partita del “reddito di cittadinanza”.

In realtà se non viene riformata l’intera impalcatura del settore della Giustizia i piccoli interventi, pur se accreditati positivamente, non possono far funzionare una “macchina” che ha incrostazioni velenose ormai insanabili. La realtà è quella di una massa immensa di addetti al settore che lo rende ormai ingovernabile, irriformabile, irredimibile, che molto spesso lo fanno considerare una “casta”, una vera e propria “lobby”.

Allo stesso tempo, non si può pensare di intervenire sul settore del Lavoro con una ricetta che funzionerebbe bene (ed infatti in alcune realtà estere riesce ad affrontare il dramma della mancanza – temporanea –  di Lavoro) se ci fosse una legislazione rigorosa e severa del mercato. “Il reddito di cittadinanza” così come è stato formulato serve soltanto a tamponare molto provvisoriamente il problema atavico della disoccupazione; ma se non si interviene sulle “regole”, accompagnando il tutto con una riforma fiscale che colpisca il lavoro nero, anche quello “camuffato” da contratti fasulli, quella proposta non creerà vantaggi concreti. Inoltre sarebbe stato utile anche intervenire in modo organico sulla formazione e sulla riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, partendo dalle Agenzie del Lavoro.

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