18 febbraio – LE ASPETTATIVE parte 5… (le “quote” ma non solo)

LE ASPETTATIVE parte 5… (le “quote”)

In realtà il problema della suddivisione per genere nella ripartizione degli incarichi ministeriali in questo Governo Draghi è trasversale.  la Lega ha tre presenze, una delle quali è assegnata ad una donna, Erika Stefani. Anche in questo caso a pesare è stata la caratteristica del dicastero, quello sulle Disabiità. Espressamente richiesto dal leader della Lega, è stato assegnato ad una rappresentante di quel Partito, sostituendo in quel ruolo un’altra donna che lo aveva condotto nel primo Governo Conte, Alessandra Locatelli, sempre della Lega, che di recente è andata a ricoprire lo stesso incarico nel Parlamento regionale lombardo. E, poi, hanno pesato non poco le “quote” tecniche dove, oltre alla conferma della prefetta Lamorgese (già di per sè una “tecnica”), ci sono le new entry di Marta Cartabia e Maria Cristina Messa. Per il Movimento 5 Stelle che, tra le forze “politiche” è il più rappresentato con quattro membri, c’è solo una figura femminile, Fabiana Dadone.

A questo punto, però, bisogna anche cominciare a farsene una ragione: e non è certo la protervia e la cattiveria dei maschi. Bisogna riconoscere che moltissime donne, ed in modo particolare tantissime i cui meriti e le loro competenze sarebbero ben utili  a costruire il miglioramento della società, sono molto poco interessate alla Politica, così come la si è strutturata. In realtà, e probabilmente le stesse “donne” che lottano per avere il riconoscimento del loro ruolo all’interno delle forze politiche dovrebbero prenderne atto, a tantissimi rappresentanti del genere “maschile” questa “politica” nella pratica quotidiana attira sempre meno. Soprattutto coloro che la vorrebbero praticare mettendosi a servizio del bene comune trovandosi moltissimi ostacoli.

Per queste ragioni la capacità di suscitare nuova “passione” dovrebbe essere l’obiettivo di un’operazione (ri)costituente necessaria anche per equilibrare la presenza di “genere” non solo numericamente.

Ritornando a quel che ci attende, un buon segnale è la costituzione del Gruppo interparlamentare alla Camera. In questi ultimi due anni le due forze maggiori nel Governo hanno potuto intraprendere un percorso di contaminazione culturale e politica positiva. Da una parte si è riconosciuto il valore della preparazione politica e dall’altra si è dato atto all’importanza della partecipazione passionale. Si è proceduto ad una crescita “comune”.

In modo diverso si sono mosse le forze politiche di “opposizione” da Fratelli d’Italia a Forza Italia. Non hanno riconosciuto di fatto la gravità della situazione; o, meglio, lo hanno fatto solo per denunciare qualche passo falso o per sostenere in modo becero gli interessi dei “grandi gruppi industriali”. E non fanno nulla nemmeno per illuderci che, con il nuovo Governo, collaboreranno. Se c’era un motivo per non farlo era molto personale e afferiva all’astio accumulato da Salvini verso Conte che non aveva assecondato l’idea del leader della Lega quando, nell’agosto del 2019, progettava di andare a nuove elezioni. Dovremmo ringraziare il Presidente del Consiglio uscente anche per questa sua resistenza; provate solo ad immaginare quanti sarebbero stati in più i contagiati ed i decessi se avessimo avuto la Destra al Governo.

In ogni caso, bando alle polemiche, “palla avanti e pedalare”! anche se con quei caratteri sarà dura: ed una dimostrazione l’ ha già data il neo Ministro leghista Garavaglia.

17 febbraio – LE ASPETTATIVE …4….Intorno alle scelte di Draghi e Mattarella (le donne)

…4….Intorno alle scelte di Draghi e Mattarella

Sarebbe opportuno riconquistare una capacità razionale equilibrata che conduca ad una comprensione scevra da forme ideologiche. E’ abbastanza difficile, lo capisco. Soprattutto non lo è per tutte quelle persone che hanno costruito la propria identità basandosi sull’appartenenza partitica, quelle – per comprenderci – che hanno strutturato la propria dipendenza intellettuale in modo esclusivo. In questo periodo pandemico, nel quale tantissime persone sono state condizionate a rivedere la propria esistenza, i propri ritmi vitali, si sarebbe potuto far prevalere la riflessione individuale, quella che di norma dovrebbe contribuire a ricreare un nuovo senso all’elaborazione collettiva. Ce lo siamo detto molto spesso: “di fronte alle difficoltà gli esiti potrebbero essere positivi!”; anche se, poi, nel calcolo delle probabilità, le “varianti” potrebbero condurre a sbocchi “negativi”.

Come avete potuto leggere nel post di ieri, 16 febbraio, mi sono espresso in modo critico e severo verso le posizioni “sciovinistiche per genere” delle donne del Partito Democratico.  Vorrei, non certo per convenienza (vivo la mia parte finale della vita nel quale non nutro ambizioni di rivalità), allontanare il dubbio di un certo tipo di malevolenza maschilista interessata e non mi esimo dal giudicare questa rimostranza da parte delle donne “Democratiche” come espressione di malafede e di strumentalizzazione di carattere politica, il cui profilo che può essere alto ma in questo caso finisce per essere davvero molto “basso”.

La scelta delle Ministre e dei Ministri è stata fatta in forte autonomia da parte di Mattarella e Draghi. Non c’entra nella maniera più assoluta il Segretario Zingaretti. Sollevare il polverone su questo tema può nascondere il desiderio da parte di alcune ed alcuni di andare ad un cambio di vertice.

Bisogna riconoscere che – una volta scelte le persone (i “tecnici”) che sono andate a ricoprire ruoli prioritari nel “progetto” che pur avrà in mente il Primo Ministro – non c’erano molti spazi da riempire con figure che si riferissero a forze politiche e alla relativa posizione di “genere”.

Faccio un paio di esempi, significativi, con due Ministre. La scelta di Carfagna (Forza Italia ha 2 donne su tre componenti) e di Bonetti (Italia Viva ha il 100% di presenza femminile) ha un senso.

La prima non è una proposta del Partito di riferimento: ad alzare la sua quotazione potrebbe essere stata una segnalazione da parte del Presidente della Camera o l’attenzione dello stesso Mattarella, alla ricerca di persone che negli ultimi tempi hanno mostrato equilibrio nelle loro azioni politiche: Mara Carfagna ha condotto le assemblee di Montecitorio con energia e capacità ed è tra le promotrici di azioni politiche che guardano alle problematiche meridionali in forte controtendenza ed in contrapposizione con una parte, quella dominante, del suo Partito: non ha fatto velo, peraltro, di volersi distinguere con la creazione di un “nuovo” Partito “meridionalista”.

La seconda ha mantenuto un profilo discreto silente in tutta la diatriba scoppiata con le dimissioni “forzate” cui è stata condotta dal leader del suo Partito, “Italia Viva”. E, nonostante le elucubrazioni di Matteo Renzi che vantava la decisione della professoressa Elena Bonetti di “ritornare al suo impegno professionale”, ha saputo mantenersi a distanza, ben diversamente da quel che ha fatto la dimissionaria Bellanova che si è distinta per aggressività pari a quella del suo “patron”. La prima è stata promossa, la seconda “bocciata” sonoramente con un vero e proprio schiaffo “virtuale”, che si è concretizzato con l’assegnazione del Ministero dell’Agricoltura ad un rappresentante autorevole del Movimento 5 Stelle.

Nel prossimo post continuerò a riflettere sia sui Ministeri che sulle posizioni della Lega, con la sua adesione strumentale al Governo Draghi.

16 febbraio – Le aspettative – Parte 3 – il ruolo degli “storici” (con una digressione sulla battaglia dei “generi” in scena nel PD)

Le aspettative – Parte 3 – il ruolo degli “storici” (con una digressione sulla battaglia dei “generi” in scena nel PD)

“Chiacchiere e tabacchere e’ lignamm o’ Banco ‘e Napule nun ne ‘mpegna!“

Il tempo sarà galantuomo. Lo sapremo o lo sapranno quelli che verranno se e come Mario Draghi avrà realizzato i miracoli di cui, per ora è soltanto virtualmente accreditato (gli si riconosce un credito rispetto a quanto ha prodotto nel suo settore di competenza primaria e ci si “auspica” una capacità di riconversione in una visione politicamente “totale”). Rispetto a tanti altri che, da Sinistra, avanzano critiche già severe e chiaramente pregiudiziali, intendo dare attenzione a quel che realmente riuscirà a realizzare. So perfettamente che questo Governo, essendo opera di Matteo Renzi (non l’ho di certo detto io, eh!?!), non garantisce che molte delle problematiche irrisolte dai precedenti Governi (entrambi gli ultimi, responsabilità del leader di Italia Viva, eh!?!) possano essere realizzate. Il Governo Draghi non aveva emesso ancora il suo primo vagito che già cominciavano a circolare proposte su come affrontare e tappare le falle del sistema scolastico post pandemìa, lanciando peraltro (forse qualche giornalista ci ha ricamato un po’ su e la notizia si è trasformata in una probabile “fake”) accuse sottili al personale docente che ha dovuto invece rapidamente convertirsi ad una pratica che per molti era assolutamente ostica (su questo analfabetismo tecnologico occorrerà avviare una seria riflessione su quanto sia necessario “fare” e quanto sia stato trascurato da parte dei “precedenti Governi”, non solo Conte, soprattutto il “secondo”).

Mi sono molto dilungato sulla profonda incapacità espressa dalla Ministra “uscente”, Azzolina. Ed in precedenza  avevo in diverse occasioni espresso molte perplessità su altre Ministre. Correndo il rischio di essere considerato un misogino, o – se preferite – un maschilista, non mi sono proprio piaciute né la Carrozza, né la Giannini né la Fedeli. E qui, deviando verso un tema attuale “spinoso”, devo rilevare che si tratta di tre “donne” che fanno riferimento alla “quota” femminile del Partito Democratico.   Ritengo che l’attuale “battaglia” dei “generi” non abbia alcun senso “politico” in relazione al nuovo Governo. Il Paese ha bisogno di tutte e di tutti, dalla carica più elevata fino al sessantamilionesimo (e rotti) cittadino. Può ben essere, questa, un’occasione per tutte e tutti per mettere in evidenza le proprie qualità.

Il Paese non ha bisogno di “chiacchiere”, di discussioni che finiscono per apparire “accademiche e fuori luogo” (vedi proverbio napoletano su inserito in grassetto).

Uno “storico” dei nostri tempi, quando leggerà i documenti che parlano di noi dopo aver spulciato tutto focalizzerà la sua attenzione su quel che saremo capaci di “aver realizzato”. Ci sarà spazio per i “rottamatori” ma per sanzionarli mentre saranno esaltati i “costruttori” e non ci sarà alcuna differenza relativamente ai “generi”: si darà merito a donne e uomini che si saranno impegnate/i “a tirare la carretta”.

Piuttosto impegniamo questo “tempo” che ci è dato per realizzare le “riforme” senza le quali continueremo ad essere sempre più marginali nel mondo contemporaneo. E quanto alla Sinistra, partendo da un Partito Democratico che sia consapevole dei suoi limiti, avvii una profonda revisione che porti ad una formazione che abbia chiari riferimenti al mondo dei più deboli, degli emarginati, della parte che ha maggiore e sempre più impellente bisogno di essere aiutata e sostenuta.

Basterebbe per far questo riprendere in mano i principali documenti del periodo fondativo e valutare “storicamente” tutto ciò che non è stato realizzato, giudicando in modo severo i motivi per cui ciò non è accaduto.

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15 febbraio CINEMA – Storia minima parte 15 – anno 1939 (per la parte 14 vedi 31 gennaio)

CINEMA – Storia minima parte 15 – anno 1939

Ritorniamo negli Stati Uniti. Eravamo già entrati a trattare l’anno  1939 parlando de “La taverna della Giamaica” di Alfred Hitchcock, perché fu l’ultimo girato dal grande regista in terra britannica, ma ora tratteremo degli altri grandi film di quell’anno.

Straordinariamente ricco di effetti speciali, sia per le scenografie che per i costumi e i trucchi, “Il mago di Oz”, ispirato al romanzo “Il meraviglioso mago di Oz”, primo tra i quattordici libri di Oz scritto da Liman Frank Baum è indubbiamente un prototipo al quale faranno seguito nel corso del XX secolo fino ai giorni nostri altre rivisitazioni. Questo del 1939 non è il primo film dedicato a questi romanzi, pubblicati tra il 1900 ed il 1920 (si contano già nel periodo del muto altre tre pellicole nel 1910, 1914 e 1925; quest’ultima, per la regia di Larry Semon – “Ridolini”, è la più interessante tra le tre: nel ruolo del boscaiolo di latta troviamo Oliver Hardy).

Il film del 1939 è anche arricchito da una eccellente promessa del cinema, Judy Garland, che nel ruolo di Dorothy si annuncia anche come una delle interpreti maggiori delle commedie musicali.  Notevole anche per il suo significato simbolico di prospettiva (il mondo si stava inoltrando verso uno dei periodi più bui della sua storia) il motivo musicale “Somewhere Over the Rainbow” che lanciava un messaggio di speranza verso il futuro.

La regia è di Victor Fleming, del quale parleremo ancora in questo blocco, essendo l’autore in quello stesso anno di uno dei più grandi successi cinematografici di tutti i tempi, quel “Via col vento” (“Gone with the Wind”)  che già dal titolo trasmetteva un messaggio di speranza, cui si aggiungeva quel “tomorrow is another day”  con cui il film si conclude. Il film venne interpretato da un cast davvero stellare: Clark Gable, Vivien Leigh, Leslie Howard, Olivia de Havilland. La storia narrata è ambientata in un altro dei periodi bui della storia americana, la guerra civile e ciò che ne conseguì con la ricostruzione e la necessità di rivedere i rapporti umani. Il successo del film, riconosciuto come quarto per importanza tra i primi cento, è anche dovuto alla caratterizzazione formidabile dei personaggi, la Rossella O’Hara capricciosa e boriosa del suo “status” sociale che dovrà però fare i conti con la dura nuova realtà e il gretto e scaltro Rhett Butler. La produzione del film fu molto difficoltosa ma il risultato fu egregio.   Di recente, si è voluto fortemente criticare questo film fino a farne paventare la distruzione, perché gli ascriverebbero una sorta di sostegno alla segregazione razziale. Un’opera letteraria, un testo teatrale, un monumento rappresentano momenti della Storia, che – se vogliamo condannare – non possono essere cancellati. 

                                                                                         Molto rilevante è anche la funzione della colonna sonora, a partire da quel “Main theme” ormai reso a noi abituale da una delle sigle di un programma televisivo quasi quotidiano. A “Via col vento” nel 1940 furono assegnati ben 8 Premi Oscar e tantissimi altri premi. Tra gli Oscar va ricordato quello al Miglior film, alla Migliore regia (Victor Fleming) e ad una delle attrici protagoniste (Vivien Leigh).

Non è possibile dimenticare che sempre in questo anno (il 1939) negli Stati Uniti viene realizzato un altro grande film, diretto da un altro grandissimo regista, John Ford, che veniva già da una grande esperienza e che ha segnato indelebilmente la storia del Cinema. quello di cui parliamo è anch’esso al pari dei due precedenti film qui – pur molto minimamente trattati – una pietra miliare. Ne tratteremo però nella prossima parte, la 16.

14 febbraio – LE ASPETTATIVE p.2

Le aspettative p.2

Con l’annuncio della composizione del Consiglio dei Ministri proposta da Mario Draghi sono partiti i giudizi positivi e negativi da parte delle opposte tifoserie. E’ del tutto evidente che “le aspettative” rischiano di essere molto superiori rispetto ad una visione realistica in un senso o nell’altro. C’è chi ritiene che la sola presenza di Draghi possa garantire il successo delle iniziative che saranno poste in campo da un Recovery Plan la cui strutturazione si diversifichi da quella finora sottoposta all’attenzione del consiglio Europeo, che è stata tacciata di essere poco più di una “bozza”. Lo si è fatto strumentalmente allo scopo di diffondere false notizie per screditare il Premier uscente (ho già annotato che, in assenza di regole, che sono state approvate meno di una settimana fa, sarebbe stato un gioco “accademico” scendere in dettagli) e giustificare la scelta di puntare in modo proditorio, come ha fatto Matteo Renzi, alla crisi del Governo Conte II. In realtà la decisione di chiamare Mario Draghi alla guida del Consiglio dei Ministri potrebbe addirittura significare la sua neutralizzazione verso quello che appariva lo sbocco naturale della sua carriera: la Presidenza della Repubblica. In questo “progetto” è stato coinvolto l’attuale Presidente della Repubblica che, vista la impossibilità di garantire una maggioranza al Governo Conte II per la insistente protervia di una sola forza politica presente in quella coalizione, ha dovuto operare un’iniziativa eccezionale, chiamando alla responsabilità tutte le forze politiche parlamentari a confrontarsi sulla proposta “Draghi”.

In maniera narcisistica, egocentrica, in qualche modo pericolosamente eversiva (perlomeno “fuori dagli schemi”) Matteo Renzi ha proseguito ulteriormente, e al di là di ogni valida motivazione, a vantarsi in lungo e in largo, urbi et orbe, di essere “lui” l’artefice di quella soluzione. Lo ha fatto anche su autorevoli testate internazionali come il New York Times ed il Financial Times, aspettandosi alti riconoscimenti ma ottenendo giudizi taglienti e per niente benevoli.

Il 9 febbraio su NYT Jason Horowitz aprendo il suo articolo rileva come Matteo Renzi

è diventato l’obiettivo di uno stupore e di uno smarrimento quasi universali per aver gettato il paese nel caos politico nel bel mezzo di un pandemia.

Renzi’s Power Play Is a ‘Masterpiece.’ He’ll Be the First to Tell You.

With a series of maneuvers that could have made Machiavelli blush, the former prime minister gave Italy a new government. Just don’t expect anyone to thank him for it.

“Questa era la mia strategia. Ho fatto tutto da solo, con il 3 percento! ” 
(“This was my strategy. I did it all alone, with 3 percent!”)  e chiama in causa a suo sostegno la figura di Niccolò Machiavelli e, da solo a se stesso ha aggiunto “E ‘un capolavoro della politica italiana”. La qual cosa ha prodotto una riflessione personale del giornalista “Il narcisismo e la nuda ambizione del signor Renzi lo hanno reso insopportabile a molti italiani”.

Non è molto diversa la sopravvalutazione espressa da Renzi nella valutazione che ne fornisce il Financial Times.

Questo è solo un lieve assaggio di quanto valga  Matteo Renzi  nell’opinione internazionale. In pratica “una pulce che mostra di avere la tosse per affermare il suo ego”.

Certamente il giudizio più lampante sul leader di “Italia Viva” l’ha espresso Carlo Calenda, quando ha evidenziato la volontà di “primeggiare” a prescindere dal reale merito del leader di “Italia Viva”, quando intervistato da Lilli Gruber ha rivelato che ogni formazione di Governo, dal Conte I al Conte II ed ora il Governo Draghi sia stata “opera personale” di Matteo Renzi.

In pratica, tenendo conto anche della questione “araba”, è una modalità schizofrenica che ha davvero aspetti psicopatologici su cui riflettere.

Sulle “aspettative” continuerò a riflettere in un nuovo blocco, partendo da un’analisi individuale del nuovo Consiglio dei Ministri

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13 febbraio ESTATE 2020 – parte 10 (per la parte 9 vedi 20 gennaio)

Panorama dalla Rocca

La Rocca di Campiglia è una straordinaria imponente struttura altomedievale dalla quale si domina l’intero territorio della provincia di Livorno. Patrizia rimane giù con Carol e Cloe e noi saliamo su per le scale metalliche per poter osservare il vasto panorama. Fa caldo ed è quasi l’ora del pranzo; noi pensiamo di fare una rapida merenda, in qualche pizzeria. Invitiamo anche Patrizia, che declina, aggiungendo che ha fatto colazione molto tardi e che mangerà qualcosa di leggero intorno all’ora del tè. Scendiamo insieme verso il parcheggio, percorrendo una strada che è contornata da ampie siepi di lavanda fiorita che sprizza un intenso profumo. Ne strappiamo un rametto per appropriarci di quella fragranza. Patrizia si ferma in un negozietto di generi vari che sta per chiudere: non so di cosa abbia bisogno, ma ci saluta con la promessa di un “Arrivederci!”.  Ricambiamo anche con un sorriso verso le due simpatiche cagnette.

Ritorniamo verso Venturina. Prima di salire su avevamo adocchiato una pizzeria, mentre attendavamo l’arrivo della seconda proprietaria ed eravamo lungo via Indipendenza. Ci fiondiamo là direttamente ed è proprio per un pelo che la troviamo aperta. Prendiamo un paio di tranci e due birre e non potendo trattenerci al tavolo ci muoviamo sempre con l’auto verso un Parco vicino, intravisto su Google Maps. Ci sono anche dei tavoli per picnic e accanto due laghetti. L’acqua è calda e proviene dalle zone termali, il Calidario e l’Hotel delle Terme Caldana. Un posto meraviglioso pieno di vegetazione tipica – soprattutto canneti e rovi – e con una fauna molto ricca, non solo avicola ma anche ittica che si sviluppa lungo le canalizzazioni. Il clima è ottimo e si sta davvero bene. Ma abbiamo l’intento di vedere altri appartamenti. In realtà non siamo riusciti a contattare preventivamente altri proprietari o, meglio, così come già esposto nella prima parte di questo blocco dedicato all’Estate 2020 (quella del Coronavirus 19), ci abbiamo provato ma non è stato facile, anche perché gli annunci si riferiscono a portali immobiliari che non consentono un contatto diretto.

Decidiamo dunque di spostarci verso la costa, che non dista in linea d’aria più di un paio di chilometri. Ci spostiamo a naso orientandoci in modo un po’ artigianale e ci ritroviamo in mezzo ai campi senza più una certezza. Riprendiamo lo strumento elettronico che ci dia una migliore resa e così prendiamo una strada molto diritta che passa prima davanti agli Stabilimenti di produzione Petti e poi da un lato e dall’altra grandi appezzamenti di terra coltivati a pomodoro targato con lo stesso marchio.

Usciamo sulla strada provinciale principale della Principessa (il riferimento è alla Principessa di Lucca e Piombino sorella di Napoleone, Elisa Bonaparte Baciocchi). Collega San Vincenzo a Piombino. Giriamo prima a sinistra e poi a destra per entrare nella località Baratti. In realtà non abbiamo fissato alcun appuntamento né tanto meno avevamo adocchiato qualche proposta. E, poi, a Baratti non vi sono molti insediamenti abitativi: bisognerebbe salire su a Populonia, ma anche quel borgo è piccolissimo. Percorriamo un quattrocento metri e giriamo a destra per andare verso la spiaggia sulla costa che è straordinariamente incantevole, ancor più per noi, gente di mare.

12 febbraio DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – decima parte – 3 (Trenta più cinquanta fa “Nouvelle Vague”) – per la parte 2 vedi 22 gennaio

DA GIOVANE: LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA, STORICA E CULTURALE – decima parte – 3 (Trenta più cinquanta fa “Nouvelle Vague”)

Una richiesta particolare, una semplice e pura consulenza a noi rivolta dal prof. Valerio Chiarini del Liceo Classico “Virgilio” di Empoli per un ciclo a stretto giro di scuola sul cinema francese degli Anni Trenta e degli Anni Cinquanta: un foglietto scritto su ambedue le facciate con i registi e le opere che interessava loro visionare; questo il vero e proprio “inizio” della nostra avventura empolese di questo anno scolastico. Subito dopo, reperiti i film nelle Cineteche ed all’Ambasciata di Francia, si è pensato di dare un respiro pubblico a questa iniziativa, chiedendo al Comune di Empoli e ad altre Associazioni e Scuole, nonché al C.R.T.C. (Coordinamento Regionale Toscano della attività Cinematografiche) ed al CEDRIC (Centro di Ricerca Cinematografica), di intervenire e partecipare all’organizzazione. Superate quelle difficoltà tipiche della pubblica burocrazia, che non guarda se una proposta realizzativa sia più o meno seria, se ha referenti diversi e naturalmente accreditati (come Scuole, Ambasciate, Cineteche), se ha innanzitutto un serio e coerente bilancio preventivo, si è potuto costruire il programma quasi nella sua stesura definitiva.

Uno degli obiettivi più importanti che il Comitato organizzatore ha imposto a se stesso ed ai suoi partner è stato quello di impegnarsi a costruire e stimolare, con questa occasione, un interesse nelle giovani generazioni e tra i docenti delle scuole medie superiori nei confronti dell’arte cinematografica innestando su conoscenze tecniche e teoriche quelle umane, sociali e storiche di un periodo tutto sommato felice e ricco di speranze, purtroppo molto presto deluse. Proprio per rivolgerci a questi interlocutori, si è pensato di proporre le proiezioni e gli incontri in orario pomeridiano e, per facilitare la loro frequenza le giornate sono state scaglionate nel rispetto di un discorso didattico che li impegnasse (in particolare gli allievi) in pomeriggi diversi, escludendo il fine settimana poco adatto ad un pubblico naturalmente “pendolare”.

Quando poi ci si è confrontati su come impostare il programma è apparso a tutti noi doveroso dare almeno uno sguardo alla fine degli Anni Venti, un periodo che sotto il piano organizzativo (in riferimento alle richieste) non ci interessava, ma che poteva fornirci più di una risposta sulla provenienza tecnica e culturale di maestri del Cinema quali Luis Buñuel, Jean Vigo, René Clair, Jean Renoir e Marcel Carné.

Tutti, come appassionati spettatori, come critici o come diretti operatori provenivano da esperienze che affondavano fermamente le radici negli Anni Venti, gli anni della sperimentazione dell’Avanguardia, una palestra fortemente formativa della tecnica cinematografica che vede impegnati artisti come Fernand Legér e Man Ray, teorici della nuova arte come Germaine Dulac e Luis Buñuel, poeti come Jean Cocteau e Jacques Prévert. Alcuni di essi si appassionarono ad un’arte un po’ più tecnica, “astratta”, geometrica, fondata su giochi del ritmo e della luce, sperimentando una realtà nuova, fino ad allora inesistente, ma che veniva creata proprio in quell’istante e diveniva di poi eterna e vera.

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LE ASPETTATIVE – parte 1

LE ASPETTATIVE – parte 1

Se qualcuno si attendeva – o ancora si attende – che il tentativo di mettere in piedi un Governo fallisca non potrebbe che essere riconosciuto come un irresponsabile. Una simile soluzione comporterebbe un vero e proprio default non solo istituzionale ma anche economico e sanitario. Chi pensa che sia meglio far fallire Draghi sia per un tornaconto di tipo elettorale sia per ragioni collegate ad una visione diversa del proprio progetto politico non ha in mente l’interesse di grandi masse. Non è questo il “tempo di rivoluzione”; questo è il “tempo di agire” ed eventualmente adoperarsi per limitare al massimo quelle che possono essere scelte antitetiche al proprio interesse di posizione.

Molte – e molto alte pur nella loro semplificazione – sono le aspettative diffuse. La semplificazione serve a comprendere l’elemento comune ma l’attuazione prevede interventi assai più articolati.

Molti guardano al futuro Premier ponendo in prima linea i propri interessi. E’ giusto farlo ma non ci si attendano “miracoli”. Viviamo ancora in un periodo “pieno” di pandemìa e la priorità assoluta centrale intorno cui tutto il resto deve ruotare è l’elemento sanitario.

Occorrerebbe una maggiore serietà nel valutare le azioni del Governo, a partire da quello ancora in carica, forse per poco. Le critiche formulate sono state contornate da una serie di “falsità” (fake news), come l’accusa di non avere un adeguato “piano vaccinale” (c’è una differenziazione tra Regione e Regione, ma laddove il “sistema” funziona e le dosi vengono distribuite tutto procede normalmente) o la diatriba intorno alle “bozze” sul Recovery plan e la “governance” (ogni Paese ha avviato una elaborazione partendo dai titoli – forse meno forse poco più di una “bozza”; e la “governance” sarà un’operazione che necessariamente vedrà la presenza di “tecnici” all’interno del Consiglio dei Ministri, che di certo appalterà competenze “esterne”, più o meno come aveva progettato Giuseppe Conte).

In questo periodo tra le altre cose Salvini e Renzi hanno agito da veri e propri oppositori al precedente Governo; il primo con tutta la legittimità – il secondo seguendo la sua acidità caratteriale. Vanno ricordate le numerose comuni sortite a favore della totale apertura delle attività commerciali, come se niente o poco più di niente stesse accadendo, le rimostranze anarchiche a favore dei no-mask e no-vax  e gli attacchi scomposti contro la chiusura delle scuole, incuranti delle numerose problematiche collegate alla sicurezza degli ambienti, di cui – peraltro – molta responsabilità è nell’assurda ”Buona Scuola” di renziana memoria (un’operazione, quella, semplicemente di “maquillage”, modalità ereditata dal periodo “berlusconiano”).

La “conversione” di Salvini è una formalità tattica dalla quale attende una “resa” in termini di consenso. Fin quando questa scelta funzionerà a suo vantaggio egli rimarrà legato al Governo; subito dopo si sfilerà.

Laddove il Governo nascesse con tutte queste “gambe” la presenza della Lega per l’appunto è da intendersi “a tempo” limitato. A patto che sia facile e tollerabile per le altre forze politiche, come Leu, PD e M5S, accettarne – non di certo condividerle –  le posizioni nel corso dei prossimi mesi. Ovvio che questo è un “punto di vista” – il mio – di chi non si riconosce del tutto in quelle posizioni assolutamente ideologiche di tanti miei compagni. A costoro dico che c’è un tempo diverso in cui stabilire le proprie posizioni; e non è “questo”.

Quanto alle “aspettative” non illudiamoci che avvengano “miracoli”, ancor più “gratis”.

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alcuni post di un anno fa – questi sono del 6 e 7 febbraio 2020 (più tardi pubblicherò un nuovo post dal titolo “le aspettative”)

blblbla

….pauca verba sed aeterna semper….

C’è una grande confusione, c’è un profondo disorientamento, c’è un’ambiguità che vorrebbe essere riconosciuta come certezza, c’è una contraddizione diffusa che si barcamena tra ingenuità ed ipocrisia.
Alla Politica vorrei riconoscere uno status di nobiltà: invece no. E’ sempre più deludente: forse lo è sempre stata, ma occorrerebbe andare al di là delle convenzioni e riconoscere i limiti di questa attività primaria per la convivenza civile, non decantarne in modo esclusivo ad ogni piè sospinto gli aspetti idealistici. Dal primo all’ultimo pur provvisorio possessore di uno scranno si sperticano in affermazioni di principio inattuate ed inattuabili. E non sempre è la collocazione ideologica – di Destra o di Sinistra – a fare la differenza. Tutti riempiono le loro pagine e le loro enunciazioni di straordinari e rivoluzionari propositi. Forse sanno perfettamente che tutto ciò è utile a convogliare consensi tra vecchi delusi e nuovi adepti entusiasti. Io non voglio essere “un ingenuo a vita”. Vorrei non arrendermi di fronte ad evidenze insopportabili e non ho “patria”, sempre più lontano è l’approdo.

J.M.

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A sera, mi sorprende che Mary, così aliena dalle banalità locali sia molto attentamente a seguire un notiziario su una Tv locale; benemerita e professionale: intendiamoci!
Penso per un attimo che abbia avuto problemi ad utilizzare il telecomando (spesso accade), ma non è così. Mi dice di essere interessata a seguire alcune notizie relative al fenomeno della criminalità che è stato portato alla luce da una brillante operazione antimafia della Guardia di Finanza.

Seguo anch’io e rifletto intorno al fatto che nel servizio viene messo in luce il parere del Sindaco di Prato. Lo trovo profondamente “giusto”: un “primo cittadino” ha il compito e l’obbligo di avere a cuore l’operatività di chi sovrintende al rispetto della legalità ed al mantenimento della sicurezza all’interno di un contesto civile. E’ “giusto” che esprima soddisfazione per tutto questo. E mi congratulo con lui.

Ma, ora, qualcuno dirà: che cavolo c’entra con quel “grido di dolore” da me espresso ieri?

Il fatto è che poco più di un mese fa lo stesso primo cittadino, operando in senso molto diverso, si era sdegnosamente scagliato contro il Presidente della Fondazione Caponnetto che aveva operato un parallelismo ardito tra Prato e Corleone, riferendosi – sì – ad una realtà non autoctona, ma aggregando Cina e Italia sotto lo stesso denominatore per quel che riguarda la malavita, la criminalità, soprattutto quella di tipo economico finanziario.

Salvatore Calleri aveva detto “La Toscana rischia di essere divorata dalla mafia in silenzio”.

Apriti cielo! Invece che convocare semmai in modo riservato il dott. Calleri per capire quali fossero i dati in suo possesso il primo cittadino ha alzato la voce per denigrare il denunciante, con una forma di campanilismo becero ed inutile.
E allora?
Ecco il senso della parola del titolo: Inaffidabilità

Ovviamente è solo uno degli “exempla”. Che dire dell’incapacità a difendere i diritti dei cittadini che aspirano sempre più ad avere un Ambiente che migliori le condizioni di tutti, senza intaccare altro suolo, diminuendo le emissioni venefiche prodotte dall’Industria e dai Trasporti, a fronte dell’adesione piena per il candidato Presidente della Regione Toscana nella prossima competizione elettorale che ha tra gli obiettivi prioritari la nuova maxi pista dell’aeroporto di Peretola che inquinerà tutta la Piana ed i suoi Comuni da Pistoia a Firenze?

Ne riparleremo. Di certo chi ragiona in questo modo non può appellarsi all’insondabilità del futuro nella Politica, come Arte del Possibile. E’ a parer mio, INAFFIDABILE. Ma, e già, il mio parere non fa testo. Lo sapevo già; l’ho detto e soprattutto scritto già in altre occasioni. Come può non essere “inaffidabile” chi afferma che i voti, come le “pecuniae”, “non olent”.

J.M.

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10 febbraio – Uno strumento

Uno strumento

Una sorta di grimaldello per rimettere in moto positivo tutte le energie sopite e neutralizzate dai contrasti di bassa “lega” (!) emersi nel corso di quest’ultima parte della legislatura, anche per colpa della pandemìa.

E’ questa la scelta di proporre Draghi come  prossimo Presidente del Consiglio. Non so se tra le sue ambizioni – è lontana da me alcuna forma critica nei suoi confronti (e dunque mi riferisco agli aspetti positivi insiti in tanti di noi che hanno progettato la propria esistenza correndo dietro ai propri legittimi sogni) – vi sia mai stata quella di presiedere un Consiglio politico, formato da tecnici da lui scelti ma certamente anche accolti e in qualche caso consigliati dalle diverse formazioni partitiche e da grandi personalità, a partire dal Presidente della Repubblica.

La sua funzione è per ora di carattere strumentale, ed egli stesso lo ha dichiarato nel discorso di accettazione dell’incarico. Le forze politiche che hanno governato in quest’ultima fase, attaccate da Matteo Renzi ed alcuni altri personaggi della sua formazione, hanno dovuto dichiarare di non essere in grado di procedere con una maggioranza sostanziosa il loro cammino. Il Presidente Mattarella ne ha preso atto e con un intervento drammatico ha promosso delle “iniziative” tra le quali l’incarico a Mario Draghi.

Richiamandosi ad un senso di responsabilità quasi tutte le forze politiche appaiono interessate a sostenere lo sforzo del professore. Davanti a lui ci sono le stesse urgenze – forse “più urgenti” di poco prima – da affrontare; “vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese sono le sfide” ha dichiarato all’uscita dall’incontro al Quirinale fresco di incarico, accettato con riserva.   Una sintesi programmatica che ha la fortuna di non partire da “zero”, ben diversamente da come accade quando – dopo una elezione politica – bisogna ricostruire il “progetto” sin dalle basi. Per fortuna – con buona pace degli eterni oppositori – nel campo sanitario è stato svolto un ottimo lavoro, benché ognuno di noi ha potuto liberamente rilevare alcuni aspetti critici, non sempre collegabili a responsabilità del quadro politico amministrativo nazionale. La “campagna vaccinale” di cui si parla molto spesso a vanvera procede ed i rallentamenti sono rapportati a problematiche internazionali e  qualche volta “regionali”, visto che sono state e sono le Regioni a gestire molte delle problematiche attuative connesse. Tra l’altro lo stesso Draghi ha parlato di “completamento” di quelle operazioni, non di un qualcosa ancora da mettere in opera dalle fondamenta.

In realtà, se è pur vero che in tanti affermano di apprezzare lo sforzo di Draghi e di volerlo sostenere, i veri nodi non saranno quei primi due punti (vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale) ma il terzo ed ancor più il quarto (offrire risposte ai problemi quotidiani, rilanciare il Paese), perché le differenze tra le varie delegazioni sono evidentemente sostanziali, non vengono neppure nascoste e finiranno per portare alla consunzione della legislatura, probabilmente anzi tempo anche se subito dopo l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, che potrebbe essere, come in tanti già da tempo auspicavano (temendo altre possibili sciagurate proposte) lo stesso Mario Draghi, soprattutto se saprà mantenere una posizione di equilibrio, di sostanziale spirito di servizio, dimostrando di essere, in questo momento, il migliore “strumento” a disposizione del nostro Paese, nella sua interezza a partire dai problemi della parte più debole e indifesa e non prioritariamente collegato agli interessi dei “potenti”.

Spero che tutto ciò non sia un’utopia.