ANTROPOLOGIA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

ANTROPOLOGIA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Non necessitano “pieni poteri” di fronte ad un evento pandemico. Basta il buonsenso, ma non quello “d’accatto” indistinto, del semplice buon padre di famiglia: piuttosto quello legato all’istinto di sopravvivenza che ognuno di noi dovrebbe avere, a meno che non si sia sospinti da un “cupio dissolvi” distruttivo, autodistruttivo.
Non c’è alcun dubbio che il popolo italiano sia dotato di grandi valori, ma allo stesso tempo di un grande disordine mentale che lo porta molto spesso a sottovalutare i rischi che azioni disarticolate e non collegate ad un regime di rigore nel rispetto delle regole possono comportare. Non ho alcun bisogno di giustificare quel che scrivo, potendo avere il supporto della diffusa ribellione interclassista che ha provocato ingenti danni alla popolazione italiana, a partire da quelli che sono considerati indefessi ed operosi, come i lombardi, il cui comportamento soprattutto ma non solo nelle prime fasi dell’epidemia non ha prodotto sorrisi, essendo passato quasi sotto traccia (aziende che hanno continuato a produrre ed a far circolare merci e operatori, alcuni dei quali già infetti; possessori di seconde case che si sono spostati dalle zone rosse ed arancioni in altre località, trasportando il virus; centinaia di sportivi si sentivano defraudati del loro diritto a partecipare ad eventi sui campi sportivi e sulle piste ancora innevate; luoghi di degenza che diventavano senza alcun intervento delle autorità sanitarie focolai).

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Altri episodi, più eclatanti e caratterizzati da forme tribali pittoresche, ci facevano sorridere ed indignare allo stesso tempo. Questo è il nostro popolo: i ricchi (alcuni, non tutti) corrono dietro ai propri meschini interessi, semmai contrabbandandoli con la tipica bonomia della gente per bene ed i poveri (anche loro “alcuni”) “se ne fottono” e continuano a vivere di stenti, contando sulla caritatevole benevolenza di quegli altri.

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In tutto questo ci troviamo di fronte ad una sorta di “tragica commedia”, con due tipologie di protagonismi che non possono trovare punti in comune. Sono connotati da una paradossale contrapposizione tipica del gioco delle parti. Il “kapo” autoritario si traveste da democratico ma non riesce a mantenere la parte ed il democratico assume a volte connotati decisionisti, ma non sempre in modo convinto.

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Ci troviamo in Italia, patria della “commedia dell’arte”. Ma purtroppo in questi giorni si contano perdite incommensurabili sia umane che economiche. E non c’è molto da ridere.
Più andiamo avanti in questo “limbo” delle vere scelte e più danni rischiamo di infliggere al nostro Paese.
Anche se si sta facendo “tardi” ed il rischio è quello di venire incontro alle “legittime” (in un Paese democratico tutte le proposte sono legittime) richieste che vengono da parte della Confindustria e dell’intero apparato produttivo italiano, senza che le regole ed in particolare il loro rigoroso rispetto venga dappertutto attuato. Le forze dell’ordine già faticano a controllare che la circolazione di uomini e mezzi sia rispettosa delle limitazioni; figurarsi cosa potrebbe accadere con la riapertura dei lavori ed il possibile atteggiamento vessatorio e ricattatorio verso i dipendenti costretti ad operare in ambienti non sempre sani.
Io scrivo mentre leggo che le aziende del distretto avrebbero esposto la bandiera a mezza asta, non (mi pare) per onorare i “caduti” di questa guerra ma per piangere sui “destini” dell’economia.
A proposito, in una pandemia, tutti i paesi in un modo o nell’altro vedranno limitare la propria ricchezza. Il commercio mondiale avrà delle limitazioni e, questo, livellerà complessivamente il Pil.
Un economista minimamente accorto capirebbe perfettamente che, una volta debellata la pandemia, soprattutto quelli che prima di altri l’avranno davvero superata, l’economia ripartirà. Ben diversa sarebbe la situazione se, fatta ripartire anzitempo la produzione, la pandemia si ripresentasse – in qualche caso più forte di prima. La smettano di fare piagnistei ed avvino invece una risistemazione dei loro meccanismi produttivi. Allo stesso modo si trovino nuovi sistemi per la didattica. Di questo parleremo, partendo dalle grandi difficoltà riscontrate nella operatività online da parte di docenti e studenti in questi giorni.

…………continua