TEMPO DI CORONAVIRUS

unnamed (1)

TEMPO DI CORONAVIRUS

Oggi è il 18 aprile; da qualche giorno dal mio “buen retiro” osservando l’orizzonte, ampio, da uno dei miei balconi, noto che c’è un gran fervore nel traffico di mezzi ed uomini. Indubbiamente ci saranno motivazioni valide perché ciò si verifichi. Ma è probabile invece che vi sia una certa frenesia in atto che spinge a recuperare spazi di libertà dopo un mese o poco più di reclusione forzata. Che poi diciamocelo non è per tanti di noi stata così male. Anzi ci ha aiutato, in condizioni non così drammatiche, a comprendere meglio quale sia la qualità ottimale della nostra vita. Fondamentalmente alla fine di questo percorso se non avremo subìto conseguenze letali nè sul nostro né sul corpo di altri nostri congiunti potremo addirittura ringraziare di avere vissuto questo tempo. La mia è una forma di ottimismo e potrebbe anche apparire cinismo molto soggettivo o se non altro poco più che soggettivo. Me ne rendo conto, anche perché so perfettamente che non per tutti questi eventi porteranno, soprattutto nell’immediato, effetti positivi. Chi ha perso il lavoro, chi non possiede risparmi, chi vive in piccoli appartamenti con una famiglia nella norma, non necessariamente, ma anche, numerosa, non sta passando un buon momento. Penso ad esempio anche a famiglie che, di punto in bianco, si sono ritrovate a dover gestire difficili condizioni, come un handicap o in ogni caso una malattia cronica invalidante ma curabile, come potrebbe essere una “positività” da Coronavirus, anche domiciliarmente. Queste difficoltà possono essere sopportabili di fronte ad una riduzione del benessere ma non davanti all’azzeramento di questo, anche se solo prevedibile ed incombente ma dunque giustamente temuto.

In realtà, basta poco dal punto di vista di risorse. In questo periodo molte spese non sono necessarie e sono rese tali anche dalla difficoltà contingente della chiusura di tante attività. Ma c’è chi non ha nemmeno quel poco, per tantissimi motivi e non per colpa diretta: c’è chi non aveva un lavoro e già arrancava; c’è chi un lavoro lo aveva ma era precario e semmai al nero e non ha diritto ad usufruire degli ammortizzatori sociali.
Ad ogni modo, sarà compito di coloro i quali avranno avuto la fortuna di superare questo periodo senza grandi contraccolpi né fisici né economici mettersi a disposizione per far emergere quelle che possono essere le linee di comportamento successive alla crisi pandemica, e non solo dopo la sua definitiva conclusione, che potrebbe essere anche molto lontana.
Ritornando alla fretta con la quale si vuole “uscire”, non solo quella dei mezzi e degli uomini di cui dicevo all’inizio, uscire da questa costrizione necessitata, ritengo che sia un errore sia per il rischio che si corre da un punto di vista sanitario (che potrebbe portare ad una ricaduta perniciosissima) sia per la sensazione che si diffonde che alla fin fine tutto si possa concludere positivamente e, come si canta a Napoli, “chi ha avuto ha avuto ha avuto chi ha dato ha dato ha dato scurdammoce ‘o passato…” e semmai facciamo una bella festa con tanti di baci ed abbracci fisici.

E no, qui non si scherza e probabilmente bisognerà fare più controlli ed essere più severi. Passi la passeggiatina sotto casa, evitiamo di esagerare con le misure dei metri entro cui si possa girare. Questa è una esagerazione inutile, dovuta probabilmente alla necessità, in avvio dell’emanazione delle regole, di imporre comportamenti virtuosi, ad una parte della popolazione tradizionalmente incline al ribellismo, e non si parli solo di giovani.

Joshua Madalon

prato-kknc-u31-kWFD-U31701722298345OB-656x492@Corriere-Web-Sezioni