TEMPO DI CORONAVIRUS

TEMPO DI CORONAVIRUS
1. Le mascherine e la sua distribuzione (in Toscana ed a Prato)
Il governatore della Regione Toscana ha annunciato che da ieri 20 aprile sarebbero state distribuite mascherine a tutti i contribuenti dotati di tessera sanitaria (5 per volta per ciascuno per un totale di 30 mensili). La distribuzione sarebbe stata a cura delle Farmacie e dei Supermercati. Il Sindaco di Prato ha da parte sua opposta una contrarietà, avanzando l’ipotesi di distribuirle con il metodo “porta a porta” già utilizzato. Su tale metodo avanzo – pur condividendo uno dei motivi che avrebbe generato tale differenziazione, cioè il voler evitare assembramenti – molte perplessità. Innanzitutto la distribuzione delle scorse settimane è avvenuta senza che gli addetti riuscissero ad accertarsi che ciascun nucleo familiare entrasse realmente in possesso delle mascherine; inoltre se tale distribuzione deve essere destinata a ciascun possessore di tessera sanitaria, occorre nella maniera più assoluta che gli incaricati si accertino dell’avvenuta corretta consegna, come se si trattasse di una raccomandata. Quindi, se si è in grado di procedere in tal senso ben venga questa diversificazione: diversamente molto meglio lasciare questo compito alle Farmacie, già attrezzate per il controllo del possesso di tessera sanitaria.

2. Tutte le rimostranze da parte delle varie categorie hanno motivazioni su cui riflettere con grande attenzione. Non vanno sottovalutate le richieste pressanti del mondo industriale ed artigianale, così come non vanno demonizzate tout court le posizioni cautelative della parte sindacale: bisogna tendersi una mano reciproca che consenta la riapertura dei luoghi di lavoro con la garanzia che si mantenga la massima attenzione sanitaria allo scopo di evitare qualsiasi forma di sviluppo del contagio nei prossimi mesi. Per fare questo, i proprietari degli spazi lavorativi che insistono pressantemente per riaprire dovrebbero predisporre un equipaggiamento ed un distanziamento adeguato, garantendo spazi comuni non promiscui, non ravvicinati al’interno di spogliatoi o mense aziendali, ed una turnazione maggiormente scaglionata. Non si possono sottovalutare allo stesso tempo le insistenze da parte delle famiglie che richiedono di riaprire le scuole: non c’è alcun dubbio che a soffrire maggiormente la reclusione forzosa in spazi molto spesso ridottissimi siano in questo tempo i più giovani, costretti da un giorno all’altro a vivere in una forma di recessione sociale che li deprime. Allo stesso tempo, tuttavia, c’è la viva preoccupazione di dover predisporre una “nuova” organizzazione scolastica che eviti gli assembramenti: e ciò non è per niente semplice. La “scuola” è un luogo vario al quale accedono persone di diversa età, che provengono da diverse realtà cittadine: senza una nuova organizzazione sarebbe molto facile in ingresso ed in uscita produrre una nuova ondata di focolai di contagi che, una volta emersi, sarebbe molto difficile contrastare, e darebbe vita ad una serie di problemi forse ancora più seri e gravi di quelli attuali. Tra le due questioni, il lavoro in fabbrica e la riapertura degli istituti scolastici credo sia molto più facile a breve affrontare e risolvere la prima. Per la seconda, la affronterei ora per cercare di risolverla in qualche modo da settembre.

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