da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 10

Konrad nel barattolo

da giovane: la sensibilità ambientalista, storica e culturale….quella politica e cinematografica – ottava parte – 10

Il film ritenuto giustamente più originale è stato “Konrad nel barattolo” (RFT) di Claudia Schroder, che infatti ha ottenuto ben due importanti riconoscimenti: l’AGIS BNL e l’ACEC-ANCCI. Nel narrare la storia, vagamente surreale e legata ad una fantasia che tenta di fare continuamente i conti con la realtà, la giovane regista tedesca ha messo a frutto esperienze sue particolari di precedenti contatti, anche se marginali, con il mondo dei bambini e della scuola. In un frettoloso scambio di idee con alcuni di noi ci ha parlato delle acute difficoltà cui il cinema sta andando incontro anche nella Germania Ovest, dove è sempre più arduo il cammino di un giovane che voglia cimentarsi con la regia a causa delle fortissime restrizioni economiche e delle inammissibili discriminazioni politiche. La storia di “Konrad nel barattolo” è incentrata tutta su di un bambino che viene recapitato, inscatolato all’interno di un pacco, alla signora Bartoletti. Dopo un primo momento di sorpresa, la vita scorre normale in casa Bartoletti, fin quando non ci si accorge che è stato commesso un errore di consegna: il bambino in scatola era stato ordinato da altri. Ma ormai Konrad non vuole lasciare la famiglia nella quale è capitato per caso, per giunta acquistando una “normalità” che non gli era consentita dai suoi costruttori. Ed è ques’ultimo il fondamentale messaggio del film: la tecnologia, pur essendo importante per il nostro futuro, non potrà mai sconfiggere il mondo fantastico dei bambini e il loro bisogno di amore.

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Complessivamente Giffoni ha offerto l’occasione di uno sguardo d’insieme sulla produzione più recente a livello mondiale: è apparso però evidente che gran parte di questa produzione, se avrà fortuna, riempirà uno spazio limitato nei vari palinsesti delle reti televisive private e nazionali. Certo, c’era anche qualche titolo che meritava una maggiore considerazione; fra l’altro veniva presentato in concorso quell’ “Alsino e il condor” di Miguel Littin, già visto l’anno scorso a Venezia, e candidato tra i primi cinque all’Oscar come miglior film straniero. Oltre a questo c’è stato un film che ha scandalizzato genitori benpensanti e madri di famiglia timorose: si tratta de “L’albero della conoscenza” (Danimarca) di Nils Malmros, che affronta una tematica solo apparentemente scabroa: i giovani spettatori con grande senso di responsabilità lo hanno accolto ed hanno in seguito cercato di approfondirne il significato con una serie di intelligenti domande al regista ed alla giovane protagonista.
Molti altri film andrebbero ricordati: per ragioni di spazio ne ricordiamo solo un paio, “L’agitazione” (RFT) di Wolfram Deutschmann sul mondo e la condizione degli handicappati e “Quando si gira un film” (Repubblica Popolare Albanese) di Xhanfise Keko, primo lungometraggio a colori realizzato in Albania. Una interessante retrospettiva è stata dedicata al cinema d’animazione ungherese.
Un festival che già possiede qualità morali e contenuti: e bravo e sintetico è stato Francosi Truffaut, attento indagatore ed interprete del mondo dei bambini e dei ragazzi (da “Les Mistons” a “I quattrocento colpi” a “Il ragazzo selvaggio” a “Gli anni in tasca”) nell’inviare i suoi saluti al Festival, al quale aveva partecipato lo scorso anno: “ io porto un ricordo del Festival di Giffoni, del calore del pubblico, della qualità degli organizzatori, della grazia del poster. Tra tutti i Fesrival del cinema, quello di Giffoni è il più necessario”.

Da “SegnoCinema” n.10 novembre 1983 pag.41


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