L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA a proposito dei miei ripro”post” (i “post” riproposti)

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA a proposito dei miei ripro”post” (i “post” riproposti)

Lo sapevano perfettamente già gli “antichi” quando suggerivano di superare la corta memoria con dei pensieri scritti. Nel post che ho riproposto ieri scritto a metà marzo rilevavo che il “virus” ha scorazzato in lungo e in largo, soprattutto nelle realtà “super” operose del Nord Italia, in quelle realtà che sottovalutavano il decorso dell’epidemia, facendosi forti delle loro scelte in materia di Sanità. Nessuno nega che in quelle realtà il livello delle cure sia eccellente, ma – rifacendoci alla saggezza popolare – non ci si può affidare agli “allori” conquistati e per questo – probabilmente – la pandemia qualcosa di buono ci avrà insegnato. La Natura si sveglia e ci risveglia, ci dà la sveglia. E ci fornisce l’opportunità di un “bonus” di riflessioni. E le riflessioni devono necessariamente partire da un dato di fatto: la risposta ai problemi creati dalla pandemia tra fine febbraio e metà marzo in Lombardia non è stata adeguata. Pian piano i tasselli si stanno componendo e non si può bloccarsi semplicemente per fare strada da una parte ad uno sciovinismo campanilistico e dall’altra ad una forma di contrapposizione critica basata su pregiudizi: entrambi gli atteggiamenti sono esecrabili ed inutili per la costruzione di un futuro prossimo che ci garantisca “tutti”.
Ieri ricordavo la difficoltà di fornire risposte a tutti coloro che chiedevano alle strutture pubbliche (ricordo che negli ultimi anni, non solo in Lombardia, la Sanità pubblica ha delegato al privato molte competenze, depauperando le strutture territoriali) di essere ascoltati. Non si trattava solo di una psicosi di genere ipocondriaco; a volte i sintomi erano pur solo accennati ma preannuncio di aggravamenti. Anche nella nostra altrettanto operosa città di Prato agli inizi di marzo è stato sollevato il caso di un paziente (ma posso assicurarvi che di storie simili ne ho sentite altre) che aveva più volte chiesto, attraverso il suo medico di base, che aveva riconosciuto i sintomi premonitori del Covid19, di poter avere l’esame del tampone e solo dopo vibrate pubbliche esternazioni da parte della sua dottoressa era riuscito ad ottenerlo.
Quel periodo così intensamente drammatico con il susseguirsi di bollettini di guerra quotidiani che scandivano il ritmo delle giornate sembra essere alla fine. In quei giorni chiamavamo gli amici, ne compulsavamo gli account sui social, utilizzavamo le videochiamate per abbattere il sentimento di solitudine, ci rallegravamo della nostra buona salute, ci rattristavano le notizie su amiche ed amici che combattevano con il virus (c’è chi non ce l’ha fatta, sia per il virus sia per gli acciacchi non semplici di cui si soffriva) e partecipavamo al dolore per la sorte anche di tante altre persone abbandonate inevitabilmente ad un destino molto spesso severo e nefasto nelle solitudini delle camere dove erano state dislocate le terapie intensive.

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Tutte erano amici e parenti, di tutti noi, compartecipi nel saluto commosso e distante di fronte alle lunghe file di camion militari con una infinita serie di bare.

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Abbiamo ancora, oggi a tre mesi circa di distanza, una buona memoria. Sembrano immemori invece molti di coloro che si spingono oggi a negare che vi sia stata la necessità di interventi rigorosi, spingendosi a equiparare la pandemia ad una semplice influenza stagionale. E’ uno dei tanti misteri dell’animo umano che porta all’obnubilamento per motivi ideologici, una sorta di incubo che ci riporta alla mente una oscura profezia orwelliana, con l’ irrazionalismo sociale totalitario. Addestriamo la memoria per combattere gli errori o, forse, gli “orrori”.

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J.M.

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA parte 2 (affinché la “memoria” non sia corta) un reloaded di un mio post dello scorso 16 marzo

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA parte 2 (affinché la “memoria” non sia corta) un reloaded di un mio post dello scorso 16 marzo

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Coronavirus, ipocondria e altre cose serie

https://iltirreno.gelocal.it/prato/2020/03/15/news/l-odissea-per-avere-un-tampone-che-poi-e-risultato-positivo-1.38596809

http://www.notiziediprato.it/news/una-settimana-per-avere-il-tampone-che-poi-e-risultato-positivo-la-denuncia-della-vicepresidente-dei-medici-pratesi

Quel che è accaduto è gravissimo e, soprattutto, richiede un urgentissimo chiarimento da parte di tutte le autorità preposte al rispetto delle disposizioni impartite alla popolazione italiana. Quella popolazione alla quale si chiede di rimanere in casa per evitare la diffusione del contagio ma che allo stesso tempo vuole essere difesa nel momento del bisogno, soprattutto allorquando si tratta di cose serie e non semplicemente collegate a forme di ipocondria. Che ci stanno tutte pienamente e meritano attenzione e rispetto.
Occorre salvaguardare anche la dignità del lavoro degli operatori (in questo caso sembra trattarsi di un’operatrice) del 055 5454777. Non è del tutto fuori luogo che agli operatori abbiano dato indicazioni di non eccedere: io sono probabilmente in errore – ed in questa particolare situazione drammatica dovrei temporaneamente tacere -, ma di certo il comportamento della Sanità “pubblica” non è stato neutro in questa direzione ed agli stessi medici i vertici hanno contingentato prescrizioni di farmaci e di prestazioni, soprattutto per queste ultime riducendo all’osso il servizio “pubblico” a favore dei tantissimi “privati” che sono nati come funghi dopo le piogge autunnali.
Come scrivevo prima “non è il momento” e sono perfettamente d’accordo; ma non ce la faccio a tacere e vi dico anche perché: gli italiani hanno un grave difetto – sono di memoria “corta”. Arriverà il momento delle feste e finirà, come ci auguriamo, a tarallucci e vino. Mentre ce lo auguriamo, facciamo però un patto: la resa dei conti “totale” subito dopo le “feste” dovrà essere impietosa. Non è una minaccia rivolta ad una parte politica: lo è invece “rivolta” al mondo politico ed economico “in toto”.
Forse sarebbe bene ricordare che il nostro “sistema sanitario” stava scivolando lentamente ma progressivamente verso una vera e propria “americanizzazione”. Una volta l’America poteva anche essere un punto di riferimento, ma soprattutto negli ultimi anni la sentiamo molto lontana e Trump non fa nulla per farcela sentire vicina.
E non dimentichiamoci nemmeno che l’operosa Lombardia dopo i primi casi di Codogno e Lodi strombazzava, sostenuta da alcuni leader politici e dall’imprenditoria, che “Milano non si ferma”. E che dire di quello che hanno sostenuto poi i capi di Confindustria, riuscendo ad ottenere che le fabbriche, dopo la dichiarazione di chiusura completa di tutto il territorio nazionale da parte del Governo non si fermassero. E che dire di quelli che dalle zone rosse sgusciavano andando ad infettare altri territori ed altre regioni? Non erano solo “disperati” ma anche professionisti e piccoli imprenditori che per rincorrere il loro Dio, il “denaro” e il successo, non si sono fatti alcuno scrupolo a diffondere l’epidemia.
Con la mia ipocondria, che tuttavia riesco a tenere per la maggior parte del tempo segreta, già da alcuni giorni – soprattutto nelle ore notturne – ho riflettuto sulla grande difficoltà che hanno, non solo coloro che siano infettati da questo nuovo flagello, anche coloro che avessero seri problemi di salute immediati, urgenti, bisognosi di cure mediche ospedaliere di terapie intensive. Come dire? C’è il Coronavirus ma non è sparito l’ictus, l’infarto, un blocco renale o intestinale. Anche se, a sentire in giro, tutti i canali informativi parlano solo e soltanto di questo nuovo cataclisma. E cosa fanno i poveri cristi che avvertono, al di là delle paturnie ipocondriache, un malessere?

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA – VERSO UNA CRISI (AL BUIO PESTO)

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA – VERSO UNA CRISI (AL BUIO PESTO)

Se continuiamo a dire che “da questa tragedia ne usciremo tutti migliorati” che “andrà tutto bene”, dobbiamo tuttavia avere ben presente quelle che erano le nostre condizioni nel periodo appena precedente allo scoppio della pandemia.
Basterebbe andare a consultare una Rassegna stampa del 2019 per capire che il nostro Paese era in piena fase di “decelerazione”, che la previsione del PIL era davvero deprimente (lo 0,3 in più rispetto al precedente anno); basterebbe andare a consultare i dati ISTAT per capire che in Italia la “povertà” era un vero e proprio problema da affrontare. E non lo si poteva fare attraverso gli slogan o i “peana” del Governo Lega-M5S (“Abbiamo sconfitto la povertà” disse Di Maio, alzando indice e medio nel segno della Victory), ma con una serie di interventi coraggiosi e severi nei confronti dell’illegalità diffusa nel settore del mondo del lavoro. In primis infatti occorreva sconfiggere la pratica criminale del “lavoro nero”; poi – anche contemporaneamente – tappare la falla della povertà attraverso sussidi come il “reddito di inclusione” ed il “reddito di cittadinanza”. Tutti coloro che osservavano la realtà attraverso le proprie conoscenze e sensibilità, pur in possesso di garanzie personali e quindi non direttamente interessati, e denunciavano l’incongruità dell’intervento venivano visti come “gufi rosiconi” o “disfattisti antipentastellati” per pregiudizi ideologici, e – allorquando affermavano che quegli interventi “non” avrebbero risolto il dramma della povertà, avrebbero creato più danni se non fossero stati accompagnati da un serio progetto di contrasto all’evasione ed al lavoro nero, un progetto di “giustizia sociale” – venivano attaccati.

Per rendere meglio quello che è il dato di riferimento cui accenno sopra vi inserisco i link di riferimento ai siti dell’Istat

Le prospettive dell’economia italiana nel 2019

https://www.istat.it/it/files/2019/05/Previsioni_mag19_fin1r.pdf

Le prospettive dell’economia italiana nel 2019-2020

https://www.istat.it/it/archivio/236396

per capire meglio i dati sulla “povertà” consultare sempre il sito dell’Istat con tag “povertà”

https://www.istat.it/it/archivio/povert%C3%A0

Ritornando all’assunto dell’avvio del post “Saremo migliori?” “Andrà tutto bene?”, ho la sensazione che si tratti di affermazioni banali puerili utili a rassicurare i più deboli, sia per età che per condizione economica e culturale.
In realtà quel che vediamo, di fronte alla reale incapacità di fronteggiare gli aspetti negativi che si sono aggravati nel corso degli eventi drammatici in cui siamo stati tutti – chi più chi meno – coinvolti, non è per niente rassicurante, ben al di là della ventilata possibilità di un ritorno epidemico nel prossimo autunno-inverno. In questo periodo c’è stata una parte del mondo economico che ha accumulato guadagni ingenti; c’è una parte del mondo economico che, pur avendo sofferto in parte la crisi, ha preparato interventi di carattere politico clientelare (si parla di grand commis dell’economia e della finanza) tesi all’accaparramento di risorse senza fornire tuttavia le opportune garanzie (non mi riferisco soltanto alla pretesa della FCA di poter ricevere a fondo perduto contributi, permanendo nel suo progetto aziendale che privilegia i rapporti economici con paradisi fiscali e non rispetta le regole fiscali del nostro Paese).
In questo stesso tempo non si sono visti interventi “seri” e legalmente “severi” nei confronti del “lavoro nero”; anzi, nel marasma legislativo, che ha intorbidato le acque ancor più rispetto a prima, i furbi hanno avuto più forza e vigore rispetto alla povera gente, disposta ancor più di prima a sopportare angherie retributive. Di tutti questo poco o nulla si dice; soprattutto non si avverte nella compagine di governo – anche di quella parte di “Sinistra” che dovrebbe essere maggiormente sensibile – la giusta attenzione. Sembra quasi che i problemi siano altri. Ma non è così e purtroppo andiamo verso un periodo in cui chi avrà bisogno sentirà difendersi proprio da coloro che hanno obiettivi destabilizzanti, pericolosi per la Democrazia.

PACE E DIRITTI UMANI – parte XVI per 15a vedi 30 maggio

Il braccio della morte

PACE E DIRITTI UMANI – parte XVI per 15a vedi 30 maggio

Prosegue l’intervento della Vicepresidente del Consiglio Provinciale di Prato, Gerardina Cardillo:

…..Permettetemi di dire poi che in una società dove è molto più semplice essere superficiali, perché le notizie che si inseguono l’un l’altra ci portano a non approfondire le varie questioni e le diverse problematiche, ecco c’è bisogno di uno sforzo ulteriore perché sicuramente dobbiamo invece avere la capacità anche di soffermarci sulle cose, di approfondirle e di risolverle nel limite del possibile soprattutto in una società quale quella toscana che si rifà appunto a questa grande tradizione di cui bisogna essere orgogliosi. Orgogliosi come Toscani perché abbiamo saputo in alcuni periodi storici fondamentali ed importanti essere con i francesi perché nello stesso periodo mentre in Toscana si aboliva la pena di morte, in Francia c’era la rivoluzione e allora abbiamo contribuito insieme ad altri popoli ad affermare alcuni diritti, alcuni principi sacrosanti: allora i Toscani ancora oggi l’hanno dimostrato con l’adesione a quella grande campagna contro l’applicazione della pena di morte per Rocco Barnabei. Ancora oggi forse i Toscani possono dimostrare di possedere queste caratteristiche proprio perché hanno dentro, nel profondo dell’animo,per lunga tradizione storica e sociale alcuni principi, alcuni valori ed ancora oggi forse noi dobbiamo capire che questi diritti dobbiamo coltivarli e saperli coltivare perché il vostro futuro sia positivo, o perlomeno riservi a voi giovani, soprattutto domani, la stessa possibilità di vivere in una società dove innanzitutto l’individuo, la persona è al centro del mondo ed è al centro dell’attenzione di chi governa, riuscendo ad esprimere il meglio di se stesso. Io vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.

Riprende la parola il coordinatore prof. Giuseppe Maddaluno:

Bene, grazie all’Assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione della Provincia, Gerardina Cardillo; io avevo preparato un elenco per gli interventi ma andiamo avanti così: la professoressa Anna Agostini ci porta i saluti del Provveditore agli Studi, il professor Angotti.
Parla la professoressa Agostini:
io non voglio prendervi troppo tempo, perché credo che stasera i protagonisti siate voi insieme agli esperti che hanno commentato il libro del Beccaria, insieme alle Circoscrizioni del Comune di Prato ed ai vostri insegnanti che hanno organizzato questa serata particolarmente istruttiva anche per me, che ho ascoltato con grande piacer, devo dire, il prof. Panella. Allora, ragazzi, sì allora io vi porto il saluto del Provveditore, il quale si scusa per non poter essere qui perché ovviamente si compie il proprio dovere anche se ci si occupa, diciamo, della quotidianità, della contemporaneità, pur riflettendo sui grandi temi come state facendo voi stasera: dopodiché finiti i saluti mi sento di dover richiamare la vostra attenzione su alcuni punti. In primo luogo il libro del Beccaria non nasce nel vuoto, nasce in un momento in cui si fa politica e si fa politica buona, perché contemporaneamente a Beccaria c’è per esempio il Muratori che pensa alla pubblica felicità pur nei limiti di quel tempo. Ci sono, come diceva bene prima anche Panella, i ministri di Leopoldo che si occupano di riformare l’agricoltura in Toscana e quindi pensano anche all’economia, che è una forte leva, un forte motore di progresso…..

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I CONTI NON TORNANO nona parte

I conti non tornano

I CONTI NON TORNANO parte 9 per parte 8 vedi 24 maggio

Quest’ultima ipotesi fu accolta a maggioranza. Ovviamente in barba al rispetto di quel “principio di programmare il dimensionamento ottimale degli Istituti” richiamato come elemento fondamentale da rispettare nel “Rapporto” (minimo 550-massimo 900 allievi iscritti): il Copernico aveva già nel 1998 un numero molto alto di iscritti (1127) e i suoi dirigenti non avrebbero dovuto – e potuto – essere contrari sic et simpliciter a “tagli … di classi” semmai a favore di altri Istituti simili (a Prato già allora i Licei scientifici erano già tre, oltre al Copernico) oppure alla ripresa del nuovo anno avrebbero potuto non accogliere tutte le domande di iscrizione. Giusto per essere precisi, nel corso degli anni successivi per quasi un ventennio gli iscritti a quel Liceo non sono stati contingentati e l’edificio non è stato molto presto più in grado di ospitare adeguatamente tutti gli studenti. La “scelta” si è rivelata, anche dal punto di vista economico un cattivo affare. Da qui il titolo “I CONTI NON TORNANO”.
Poichè ho parlato di documenti ed ho riportato alcuni passi dal “Rapporto circostanziato…” redatto dal Preside del Liceo Copernico in quel periodo (siamo alla fine del secolo scorso ed il documento porta la data del 2 aprile 1999), passo a commentare il “Quadro riepilogativo iscritti agli istituti secondari superiori del periodo 1991/92 – 1998/99”. Già allora, quando fu presentato con la volontà di voler rendere chiaro ciò che non poteva esserlo, lo contestammo, utilizzando se non altro nostre personali constatazioni che però faticarono ad essere prese in considerazione vista la strumentalità della strutturazione di quei dati così “ufficiali”. Negli anni 1990-1998 la presenza della comunità cinese cominciò ad essere sempre più rilevante e la Riforma Berlinguer del 1996 aveva allungato l’obbligo scolastico da 8 a 10 anni, prevedendo così di portare a tre anni la frequenza obbligatoria nel ciclo di scuola media superiore. Allo stesso tempo un afflusso di nuove richieste proprio da parte dei figli degli extracomuntari si andò presentando soprattutto, anche se non solo, alle porte di istituti come il Dagomari. Questo era già possibile prevederlo, ma – come ho scritto – non lo si volle prendere in considerazione. Tutt’altro: l’indicazione era che il Dagomari pure in una struttura inadeguata per spazi non avrebbe avuto problemi perché destinato, secondo politici, amministratori e tecnici della Provincia, a toccare i limiti bassi del dimensionamento ottimale.
In quel “Quadro” si prendeva solo in considerazione lo “stato delle cose”. Dal quale si rilevava che a Prato vi erano tre istituti scolastici che avevano un surplus di iscritti nel 1998: il “Datini” un professionale commerciale, il “Buzzi” scuola storica per il “tessile” ed il Liceo Scientifico “Copernico”. I primi due Istituti avevano una loro particolare unicità e potevano – in virtù di questa essenza – mantenere la loro integrità; diversamente il Copernico non era l’unico Scientifico – a Prato ve ne erano altri tre: il “Livi”, il “Cicognini” di Piazza del Collegio ed il San Niccolò. Quest’ultimo era “parificato” ed aveva in questo la garanzia di poter essere escluso da qualsiasi intervento esterno; erano “statali” sia lo Scientifico annesso al Convitto (solo questa parte aveva uno “status” diverso che lo avvicinava al “privato”) sia il “Livi” e quest’ultimo navigava nelle acque basse del dimensionamento ottimale (nel 1998 aveva 541 iscritti).
in un prossimo post commenterò il “Quadro riepilogativo residenti 14-18 anni e iscritti agli istituti secondari superiori”. Molto interessanti sono ancor più adesso a venti anni di distanza le parti previsionali.

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984 – intro e primi passi

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Un progetto per il cinema – Prato 2 gennaio 1984

Premessa datata oggi giugno 2020 (ad evitare fraintendimenti)

Ero a Prato dalla fine del 1982; mi occupavo di cultura cinematografica per l’ARCI, ero coordinatore regionale toscano e membro del Durettivo nazionale dell’UCCA, avevamo fondato ed aperto il Cinema Terminale “Movies”; avevamo deciso di mettere in piedi un progetto per il Cinema a Prato. Come spesso mi è accaduto, non ho mai voluto tergiversare intorno ai problemi; c’era qualcosa che non riuscivo a comprendere: si voleva fare ma non si sapeva come portare a compimento, realizzare tali progetti. Nella Introduzione trovate “subito” le perplessità, le preoccupazioni, anche se amaramente appaiono un po’ polemiche. Subito dopo, ad evitare che si potesse dire che non vi fossero idee e progetti, ci sono idee e progetti complessivi per la città di Prato.

Introduzione

Impegno preso, impegno assolto, questo di presentarvi un progetto (anche se modesto) per l’attività cinematografica a Prato, ed ho posto in esso tutto l’entusiasmo e l’interesse che ho per il cinema, con quel poco di esperienza che ho accuumulato in questi pochi anni. Tuttavia non vedo ancora quelle certezze che sono necessarie per un mio lavoro sereno, affinchè la mia collaborazione possa contare effettivamente, e servire. Personalmente, non ho alcuna frustrazione da cui riscattarmi attraverso ruoli culturali liberatori: ho un lavoro che mi soddisfa e mi impegna, una famiglia felice, un’attività culturale già intensa. Non sarebbe dunque il “Movies” di Prato a garantirmi la felicità, anche se mi interessa vederlo crescere. Esistono delle ambiguità elusive soprattutto sul piano organizzativo e delle incertezze ancora profonde sull’assetto operativo: poichè ritengo in maniera alquanto presuntuosa, di essere in grado di offrire una collaborazione attiva, e necessaria, non considero sufficienti le garanzie del nostro rapporto attuale sia sul piano della riuscita culturale sia su quello economico finanziario, per cui non riesco oggi a prevedere altra soluzione se non quella di ridurre la mia collaborazione allo stesso livello di gran parte dei soci fondatori del nostro Circolo, ricordandovi che ho impegni altrettanto seri ed interessanti a livello regionale e nazionale. Esistono delle pigrizie, che chiamerei assopimenti teorico-politici” che non posso condividere; e poi, cari compagni, a conti fatti, chi me lo fa fare! Consideratemi, tuttavia, in ogni momento a disposizione, laddove si voglia chiarire il tutto ed affrontare ogni questione in maniera più seria e globale.

Dopo questa parte “critica” (l’isolamento nella gestione del Programma che non riceveva consensi da parte del gruppo dei fondatori) ed “autocritica” (nel riconoscere di sentirmi inadeguato, ma orgogliosamente consapevole delle potenzialità che avrei potuto esprimere) non rinuncio ad affrontare gli aspetti culturali necessari per una migliore promozione della nostra proposta.
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UCCA 1985 – PROGETTO DI ATTIVITA’ dell’ UCCA Prato Firenze martedì 23 aprile 1985 – terza parte (vedi 23 maggio)

UCCA 1985 – PROGETTO DI ATTIVITA’ dell’ UCCA Prato Firenze martedì 23 aprile 1985 – terza parte (vedi 23 maggio)
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…Una ripartizione in settori è opportuna per la mia indisponibilità a seguire come responsabile unico l’intero comparto della politica cinematografica, pur senza voler rinunciare al mio compito di coordinatore e ad un maggior impegno, ad una presenza complessivamente totale nel caso in cui l’Associazione, dopo questo primo periodo, intenda farsi carico nei miei confronti di un intervento esclusivamente politico onde farmi ottenere il distacco dalla mia Amministrazione, motivandolo in particolare con la formulazione di un progetto di alfabetizzazione e formazione audiovisuale che abbia come principale interlocutore la scuola.
Per ritornare al Coordinamento, dovendo essere aperto ad altre presenze, si è pensato oltre che a Comitati Territoriali particolarmente attivi, anche ad operatori che hanno fatto la storia della poltica culturale cinematografica in Toscana, oltre a rappresentanti di quelle strutture associative moderne che aderiscono all’ARCI o che in essa riconoscano un’interlocuzione preferenziale; ancora sarebbe importante all’interno di questa struttura direttiva inserire rappresentanti di quelle sale che aderiscono al Circuito Regionale e qualche rappresentante di spicco delle varie manifestazioni, rassegne specializzate e festival che si svolgono in Toscana, penso in particolare alla Biennale di Pisa nei confronti della quale possiamo anche vantare un rapporto già costante e particolarmente interessante, essendo noi fra i principali promotori dell’iniziativa.
Questa struttura di tipo aperto avrebbe certamente un maggior peso nella nostra realtà e garantirebbe una presenza più diffusa della nostra proposta di politica culturale cinematografica, se riuscisse presto a dotarsi di uno strumento di informazione all’altezza dei tempi. Dal mio percorso ( e dai miei contatti telefonici personali ) fra i Territoriali si avverte l’esigenza di conoscere, di essere aggiornati non tanto sulla produzione e sulla critica cinematografica, quanto sulle scelte politiche di fondo dello Stato, delle Regioni e sulle nostre posizioni, per cui anche se in un primo momento potrebbe valere il consiglio di abbonarsi al “GIORNALE DELLO SPETTACOLO” dell’AGIS, subito dopo bisognerebbe aggiungere a questo un commento, un giudizio, una serie di indicazioni politiche “nostre”.
Il mio orientamento è che si sia sempre meno avari di testi scritti da inviare ai Territoriali: ho chiesto all’amico Smuraglia di fornire indicazioni precise – per iscritto – sul ruolo, i compiti e lo scopo della Mediateca Regionale e sulla costituenda società di distribuzione; ai Territoriali va inviata una copia del Progetto Lagorio con il nostro commento (la cosiddetta “legge madre”) – se ne potrebbe far carico Piero Maioli, così come egli stesso potrebbe farci avere, essendo anche già stato approvato dall’Ufficio di Presidenza dell’UCCA Nazionale, una copia del progetto di alfabetizzazione e formazione da inviare a ciascun Territoriale; questo stesso documento, con il giudizio e le eventuali variazioni che vi sarebbero apportate, sarebbe poi inviato ai dirigenti territoriali.
Per quel che riguarda l’informazione strettamente culturale, occorrerà attendere qualche giorno perchè sia definitivamente chiaro il ruolo che avrà e l’impstazione che dovrà assumere la rivista comune dell’UCCA e della FICE, rivolta alle “sale d’essai” di queste due associazioni anche se, in particolare, considerato il costo elevato che avrebbe, io temo che la situazione generale di ARCI Media finirà per coinvolgere la nostra articolazione in maniera negativa, anche se – ce lo auguriamo – non letale.
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UN MIO AMPIO INTERVENTO sesta parte (per la quinta parte vedi 22 maggio 2020)

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UN MIO AMPIO INTERVENTO sesta parte (per la quinta parte vedi 22 maggio 2020)

20 OTTOBRE 1995 (nell’aprile del 1995 ero entrato a far parte del Consiglio Comunale di Prato ed ero membro della Commissione Cultura e coordinatore della Commissione Scuola e Cultura del PDS provinciale; la legislatura in corso era la prima con la quale applicavamo la legge 142. 8 giugno 1990, quella intitolata Ordinamento delle autonomie locali che rivedeva nel profondo le prerogative del Consiglio e del Sindaco).

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Molte delle tematiche culturali diffuse sono legate alla struttura del PRG: ed è dunque ad esso che occorrerà guardare con particolare attenzione, in special modo per conoscere le caratteristiche della vivibilità in particolare nelle nostre periferie, le identificazioni dei “luoghi per lo svago ed il tempo libero, per la cultura sia come fruizione che come produzione, i cosiddetti loghi centrali”.
Per i temi squisitamente culturali mi rifarò in gran parte per mia comodità al testo che avevo consegnato al candidato a Sindaco Fabrizio Mattei. Risulta evidente che il “Metastasio” è trattato in questo primo ambito a monte della “querelle” degli ultimi mesi, ma vi si può lo stesso notare una profonda coerenza con quanto vado affermando adesso: il resto (non so se è un bene o un male) mi sembra ancora attuale. Nell’ambito di un progetto culturale complessivo per il governo della nostra città terremo presenti alcune linee essenziali: a) concedere maggiore forza e dignità, con un conseguente incentivo di bilancio, all’Assessorato alla Cultura; b) realizzare progetti culturali integrati che vedano come soggetti attivi, oltre alle due grandi strutture, anche quelle importanti strutture intermedie così radicate e diffuse sul territorio pratese; c) portare a compimento il processo di trasformazione del “Metastasio” da Consorzio a Fondazione, particolarmente per quel che concerne la produzione e la formazione, senza tuttavia trascurare il “cartellone”, che deve avere un supporto didattico in senso ampio, ovverosia deve essere conosciuto più diffusamente, superando alcune difficoltà che si sono presentate nella scorsa stagione; d) mettere in evidenza il ruolo peculiare del Museo “Pecci”: quello di essere una struttura sia pubblica che privata, in cui per il suo funzionamento c’è uno sbilanciamento forte, quasi a totale carico della parte pubblica; proprio per questo, occorre che l’Amministrazione faccia sentire maggiormente la sua presenza per far valere il suo ruolo, garantendo anche l’uso “pubblico”, nel senso più ampio del termine, di questa struttura; e) invertire il senso di marcia della “politica culturale”, che non significa sguarnire il “centro” e valorizzare la “periferia” a scapito del “centro” ma costruire un progetto di “cultura” che sia strategicamente rivolto all’innalzamento del livello qualitativo della cultura in modo lento e progressivo, particolarmente nella periferia, ascoltando anche le esigenze che sono espresse dai nuovi Quartieri ai quali va realmente garantita la prevista autonomia ma anche va data la possibilità di incidere concretamente sulla programmazione e di essere propositivi attivamente nell’elaborare un progetto culturale complessivo che parta dal loro territorio almeno a partire dalla condivisione degli indirizzi generali; f) valorizzare e dare consistenza alle richieste che provengono dal mondo giovanile, che lamenta l’assenza di luoghi di fruizione del tempo libero: si pensi al già progettato Palazzetto dello Sport, ad un possibile Teatro Tenda, alla costruzione di una nuova Piscina ed all’adeguamento di altre strutture di carattere sportivo; allo stesso tempo occorrerebbe sapere se nella definitiva stesura del PRG si riuscirà a tenere presenti queste richieste, affinché in ogni Quartiere siano reperiti spazi per la fruizione e la produzione di Cultura,,,,,,,

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PELLE E ANIMA seconda parte per la prima parte vedi 20 maggio

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PELLE E ANIMA seconda parte per la prima parte vedi 20 maggio

Il libro, edito da Casa Usher – Biblioteca dello spettacolo – Cinema a pagina IV portava una sintesi:
“Questo volume viene pubblicato con il contributo del Comune di Empoli, Assessorato alla Cultura, in occasione della rassegna “Fino all’ultimo Godard – 25 anni di Nouvelle Vague”, tenutasi ad Empoli dal 24 gennaio al 18 aprile 1984, allestita a cura di Jaurès Baldeschi, Bruno Berti, Giuseppe Maddaluno, Giulio Marlia, con la collaborazione di Regione Toscana, Amministrazione Provinciale di Firenze, Cineclub Unicoop, ARCI Empoli, Distretto scolastico n.25, Istituti scolastici superiri, Consorzio Toscano Cinematografico, Ambasciata di Francia.”
A pagina VII una breve presentazione da parte dell’Assessore alla Cultura del Comune di Empoli, Lucano Ferri (che aveva seguito in prima persona tutte le fasi ideative ed organizzative della Rassegna):
Da qualche anno oramai, ad Empoli, si è sviluppato un nuovo interesse nei confronti del cinema, grazie al prezioso lavoro svolto dal cineclub Unicoop e dall’ARCI e da un nuovo e costruttivo rapporto che si è sviluppato con il mondo della scuola. Sono questi i presupposti che ci hanno stimolato a raccogliere questi maeriali di studio sulla Nouvelle Vague che ci sembrano di interesse, non solo nel nostro ambito locale, ma un più ampio respiro di carattere nazionale. L’interesse per il cinema transaplino è partito dalla primavera del 1983, quando, su specifiche richieste della scuola, il Comune di Empoli promosse una serie di incontri sul cinema francese degli anni trenta che ottennero un discreto successo e a cui parteciparono vari studiosi dell’arte cinematografica. Da qui lo stimolo per continuare l’analisi su una realtà cinematografica come la Nuovelle Vague che ha finito per influenzare e sconvolgere il panorma cinematografico mondiale. Pertanto, gli scritti e i materiali, inediti in Italia, che vedono la luce vogliono essere un modesto contributo al dibattito e alla riflessione su questo importante fenomeno.”

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A pagina IX troviamo una Nota introduttiva curata da Jaurés Baldeschi:
“Tra il gennaio e l’aprile del 1984 il Comune di Empoli, attraverso il comitato comunale per le attività cinematografiche, ha realizzato una ampia rassegna cinematografica dedicata alla Nouvelle Vague con la presentazione di una quarantina di film, alcuni dei quali inediti in Italia. Perché una rassegna cinematografica, e di ampia portata, dedicata alla Nouvelle Vague? Per moda, per una trovata estemporanea, per snobismo culturale? Niente di tutto questo. La Nouvelle Vague ha rappresentato uno dei momenti più alti di riflessione del cinema su se stesso, ha puntato uno sguardo molto attento sul mondo sociale e politico, ha vuto un notevole sviluppo nell’acquisizione di linguaggio, tecniche e tematiche, che anche se non del tutto originali perché mutuate dalla letteratura e dall’arte in genere, sono state approfondite sensibilmente e fatte proprie dai “nuovi maestri” del cinema. Se nel panorama cinematografico di oggi troviamo numerosi autori, più consapevoli del mezzo che usano, si deve soprattutto a quella stagione cinematografica. Se pensiamo a un film pregevole come “Lo stato delle cose” di Wenders, con la sua affascinante riflessione sul rapporto tra finzione e realtà nel cinema, sul senso del raccontare delle storie, non possiamo fare a meno di andare con il ricordo al Godard di quindici o venti anni fa (“Pierrot le Fou”, “Week-end”)….

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LA SCUOLA AL TEMPO DEL GOVERNO BERLUSCONI – quarta parte (per terza parte vedi 18 maggio)

Berlusconi La scuola al tempo del Governo Berlusconi – quarta parte (per terza parte vedi 18 maggio)
– Un mio intervento sui temi della scuola 1994 (ero responsabile della Commissione Scuola e Cultura del PDS a Prato) – terza parte
E’ un tempo questo, di cui tratto nell’intervento, in cui è in atto una vera e propria trasformazione del quadro politico nazionale –abbiamo governi “quadripartiti” (Giuliano Amato dal 28 giugno 92 al 29 aprile 93) e di unità nazionale (Carlo Azeglio Ciampi 29 aprile 93 – 11 maggio 1994) seguito dal primo Governo Berlusconi che durerà 9 mesi fino al 17 gennaio 1995

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Questa scelta è inoltre, a mio parere, un incentivo forte ad un ulteriore abbassamento del livello culturale, un invito a chi “sente” di essere meno dotato, a chi è indotto alla pigrizia mentale a dirottare il proprio impegno quasi “obbligato” verso la formazione professionale con il rischio comunque di a) dare forze a strutture spesso inefficienti e squalificate (vedi molte realtà del Centro-Sud); b) erogare un servizio che non forma cittadinanza e non fornisce nemmeno cultura di base; c) distogliere la Formazione Professionale dal suo specifico compito che in alcune realtà molto operose dal punto di vista artigianale e industriale, come le nostre, è stato di grande rilevanza. Anche su questo argomento poco si dice e si discute fra i giovani.
Cosa è accaduto nella Scuola?
Parliamo innanzitutto di docenti. C’è stato da parte loro un atteggiamento di sconcerto di fronte alla vittoria delle Destre: un pessimismo più accentuato di quello che ho visto trapelare dal malumore di alcuni compagni qui in Federazione, una sensazione che non vi fosse più spazio per la rivincita e questo pessimismo, questa sensazione viene trasmessa da chi dovrebbe essere in possesso di maggiore carisma anche agli altri colleghi ed in modo meno diretto agli allievi più sensibili all’impegno civico. Se avessimo aspettato che si muovessero i docenti, almeno quelli che conosco io, anche i più bravi ed impiegati, avremmo ancora oggi una “calma piatta”. Invece si sono mossi gli studenti: sono più sensibili ma anche meno condizionati, più liberi! I docenti sono fondamentalmente timorosi: chi avrebbe potuto impedire ad un operaio di dimostrare la propria contrarietà al Governo nel suo specifico luogo di lavoro? Nella scuola non si può teoricamente farlo! Ci sono delle eccezioni, ma servono quasi esclusivamente a confermare la regola! Lo studente può farlo! E’ importante tuttavia che anche lo studente sappia calibrare adeguatamente le proprie lotte, gestendole ma arricchendole con la sua freschezza naturale anche con delle regole che tendano a non vanificarne gli effetti. L’impegno degli studenti in questo scorcio di anno è stato, a Prato ma non solo, collegato a questioni specifiche e dirette: la scuola e solo la scuola, piattamente la scuola. Se si leggono i diversi volantini con le piattaforme si fatica a trovare un riferimento al problema previdenziale (eppure sono i giovani ad essere i maggiori colpiti dall’attuale Finanziaria), alle questioni fondamentali dell’informazione e della cultura, ai problemi acuti del contrasto fra i diversi poteri dello Stato.

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