UN MIO AMPIO INTERVENTO ALLA COMMISSIONE CULTURA DEL PDS DI PRATO 20 OTTOBRE 1995 settima parte (per la sesta parte vedi 3 giugno)

UN MIO AMPIO INTERVENTO ALLA COMMISSIONE CULTURA DEL PDS DI PRATO 20 OTTOBRE 1995 settima parte (per la sesta parte vedi 3 giugno)

…..g) valorizzare al massimo (ed incentivare) tutte le potenzialità culturali di base espresse dalla gente di Prato: si pensi ai gruppi teatrali (in particolare il TPO, che ha gestito e curato con meriti particolari tutto il settore del Teatro Ragazzi, conseguendo risultati eccellenti in campo nazionale e non solo); si pensi alle corali, ai gruppi musicali, ai singoli musicisti così tanti e diffusi; agli innumerevoli artisti a volte organizzati in scuole o gruppi associativi, a volte individualmente presenti; si pensi ai film video makers, che a Prato sono tanti;
h) valorizzare il patrimonio artistico ed architettonico della città, sul solco di quanto già fatto dalla precedente Amministrazione, con un occhio più attento anche alla conservazione di qualche elemento di “archeologia industriale”.
Tutto questo noi lo scrivevamo già prima delle elezioni e riteniamo siano in gran parte ancora molto attuali ed attuabili. Noi pensiamo che nel corso di questi primi mesi del nuovo governo di questa città tutti, a partire soprattutto da noi, avremmo potuto fare qualcosa di più, avremmo dovuto soddisfare da tempo l’esigenza di farci ascoltare prima delle decisioni allo scopo, mi si creda, soprattutto di confrontarci e di evitare così spiacevoli equivoci e contrasti. Non è mai troppo tardi, certo! Io spero in ogni caso che stasera non si celebri un rito ma che ci sia un vero confronto, reciproca disponibilità all’ascolto e comprensione ma anche che si arrivi a fissare comuni obiettivi. Diciamo questo senza avere noi la presunzione di indicare quali strade debba obbligatoriamente compiere un Assessore o lo stesso Sindaco, ma allo stesso tempo non vogliamo esimerci da diritto dovere prima di tutto come cittadini di fornire qualche modesto semplice consiglio e dal diritto dovere di estrinsecare, più o meno pubblicamente, quello che sono le nostre principali preoccupazioni, a partire da un clima non sempre sereno in contrasto con quel Governo dolce, quel Governo amico che si vorrebbe fosse il nostro Governo. Ritornando su alcuni punti esposti in precedenza noi riteniamo che il concedere maggiore forza e dignità all’Assessorato alla Cultura sia da collegare oltre che ad un incentivo di bilancio soprattutto ad una progettualità che tenga conto delle priorità espresse. Nessuno di noi ritiene che ogni evento, ogni momento collegato allo spettacolo ed alla Cultura debba obbligatoriamente produrre e lasciare segni del suo passaggio ma non si può pensare ad una cultura di evasione di tipo effimero per la maggior parte: occorrerebbe che per una buona percentuale la fruizione sia pensata anche come occasione di stimolo e di crescita, creando essa stessa altre occasioni di produzione e di fruizione; un progetto complessivo deve assolutamente contenere quelle che sono le linee programmatiche, gli indirizzi entro cui si muove la politica culturale dell’Assessorato, non essere frutto di occasionalità nè dipendere troppo da influssi sporadici e disarticolati esterni nè dalle scelte unicamente personali di chi ha la resposnabilità di quel settore. C’è invece la sensazione che non si persegua una politica delle “progettazioni complesse”, che non sono tuttavia dei “patchwork” ai quali partecipino più soggetti ma occasioni per lasciare il segno, procurando piacere e “fabbricando” cultura, una cultura permanente, non gli eventi, l’evento fondamentalmente fine a se stesso.

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UNA CLASSE POLITICA INSENSIBILE ED IRRESPONSABILE (attendo smentite)

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UNA CLASSE POLITICA INSENSIBILE ED IRRESPONSABILE (attendo smentite)

So che non è all’Ordine del giorno dell’agenda “politica” ma continuo ad essere profondamente perplesso sull’ostinato desiderio di confrontarsi nelle urne – pur nel limite di alcune Regioni e di qualche quesito referendario – che esprimono le forze politiche, che, quasi “in toto” appaiono andare verso quella direzione. Non ho rilevato voci di dissenso per quel che scrivo; nè una grande partecipazione per la “bella idea”: ed oltre alla perplessità vi è in me una fortissima preoccupazione. Delle due l’una: o c’è una massa di persone che ritiene importante andare alle urne oppure c’è una massa di “suonati” sfiduciati disinteressati, vittime della profonda crisi che dall’epidemia scivola nell’apatia generale di una crisi globale, i cui esiti divengono sempre più oscuri.
L’altro giorno parlavo di “irresponsabilità” istituzionale. E accennavo alla scarsa sensibilità reale verso gli esiti drammatici di questa pandemia, che sempre più si toccano con mano. In apparenza coloro che governano e quelli che fanno opposizione affermano di voler lavorare per combattere le disuguaglianze rese più gravi dalla mancanza di lavoro. In realtà se ne occupano, tutti, a parole e non vi è alcuno che fino a questo momento si dimostri in grado di poter governare la complessità. Nessuno: nè al governo nè all’Opposizione. Ed è questo che rende più grave e tremenda la “crisi”, che è in fin dei conti di carattere “culturale”. Fino a quando non si sarà in grado di portare ad “unità” le problematiche; fino a quando chi governa l’Economia non sarà complice delle ambizioni e delle presunzioni degli imprenditori, che ritengono di essere gli “unici e soli salvatori della Patria” mentre allo stesso tempo tendono a far crescere le proprie personali “fortune”; fino a quando non si comprenderà che la Cultura e l’Istruzione sono basi fondamentali che sostengono la crescita generale dell’umanità del futuro; fino a quando non si sarà in grado di creare una generale giustizia sociale, che consenta a tutti la conquista della dignità di vivere; fino a quando la cura dell’Ambiente, contemperata con una Tecnologia compatibile, non consentirà all’uomo di riconciliarsi con la Natura; fino a quando non si sarà davvero in grado di avere leggi equilibrate comprensibili da tutti; così come a tutti dovrà essere consentito l’accesso ai mezzi fondamentali che consentano l’accesso all’Istruzione ed alla Conoscenza, alle cure sanitarie, ai mezzi di comunicazione multimediali. In tutto questo va sottolineato ancora una volta (l’ho scritto in modo criptico ma anche molto diretto) che c’è una profonda inadeguatezza nel quadro politico generale e dunque non è una sorpresa l’atteggiamento dell’attuale Opposizione, disponibile a sfasciare tutto ed incapace di produrre soluzioni.
In questa generalità deprimente torno a rilevare che – pur nel limite di alcune Regioni e di qualche quesito referendario – non ci si preoccupa affatto di perdere tempo prezioso per affrontare le questioni più gravi e di impegnare risorse in un tempo nel quale queste potrebbero essere utili per altro. D’altra parte credo che tanti tra quelli che dovrebbero partecipare a queste tornate elettorali si ritrarranno sdegnati: anche io lo farò, ed, indignato ed offeso da tale atteggiamento irrispettoso della gravità generale della situazione, continuerò a denunciare questa insensibilità generale del mondo politico più interessato a costruire le proprie posizioni che al bene comune..

Joshua Madalon

PELLE E ANIMA terza parte (per la seconda parte vedi 2 giugno)

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PELLE E ANIMA terza parte (per la seconda parte vedi 2 giugno)

…Questa iniziativa ha teso ad essere un tentativo di opposizione al riflusso politico ed ideologico dominante ed al massiccio revival del cinema hollywoodiano favolistico ed incantatore. In ultima analisi, un nvito a pensare criticamente il cinema.
L’interesse degli organizzatori era soprattutto quello di rivolgersi a due specifici settori di pubblico: la scuola e il “pubblico normale”. Per il primo si sono presentate diverse articolazioni nel modo seguente: il primo intervento è stato rivolto esclusivamente agli studenti con la preparazione di alcuni materiali propedeutici alla conoscenza del periodo e della tecnica cinematografica, l’altro diretto particolarmente ai docenti , ma senza escludere gli allievi, che tendesse a mostrare la rivoluzione linguistica e teorica della Nouvelle Vague, ad analizzare le valenze ed i significati del linguaggio filmico. Un terzo momento rivolto ad insegnanti e studenti con la presentazione in moviola (usando il videoregistratore) di alcuni film fondamentali della Nouvelle Vague. Per il “pubblico normale”, naturalmente non esclusi studenti e insegnanti, è stata allestita la visione di film e la fornitura dei materiali informativi. L’intervento si è articolato in più sezioni: al mattino cinque incontri nelle scuole superiori con una presenza media di quaranta studenti e due insegnanti. Venti proiezioni pomeridiane con una media di venticinque/trenta spettatori ciascuna, introdotte da un telegrafico commento e accompagnate da una scheda informativa. L’aspetto nuovo e interessante è stato l’inserimento nella normale programmazione del cineclub Unicoop di otto film di autori della Nouvelle Vague che hanno avuto ( e hanno ancora) un vivo successo, oltre che di critica, anche di pubblico, dal Godard di “Fino all’ultimo respiro” al Resnais di “La vita è un romanzo”. La partecipazione media a questi film ha oscillato tra le centottanta e le duecento presenze per ogni proiezione. L’iniziativa prevedeva inoltre, con una programmazione a incastro, una serie di sezioni monografiche così suddivise: film di autori che piacquero ai registi della Nouvelle Vague (Hawks, Hitchcock, Ray, Rossellini); film di autori attivi nello stesso periodo che in qualche modo furono influenzati e influenzarono la Nouvelle Vague. A completamento di questo lavoro abbiamo ritenuto utile proporre una serie di scritti inediti che, presentando una certa autonomia e completezza, non pretendono certo di porsi come esaustivi. L’idea di raccogliere questi interventi voleva rispondere ad una duplice esigenza, da un lato offrire agli interlocutori dell’iniziativa nel suo complesso anche un materiale più “specialistico”, e dall’altro individuare anche un interlocutore più generalizzato che è dato da quanti lavorano e studiano di aspetti cinematografici.
In questo senso la struttura stessa del volume ha tenuto presente quanto già edito in Italia su questo fenomeno, e soprattutto i materiali in corso di preparazione, legati all’iniziativa che il secondo Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino dedicherà nel mese di ottobre all’esperienza della Nouvelle Vague.
Jaurés Baldeschi
Subito dopo a pagina XI del libro “La pelle e l’anima” c’è il frontespizio interno con l’Introduzione di Giovanna Grignaffini; ne riporterò qualche pagina per dare un’idea del valore del testo.

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La scuola al tempo del Governo Berlusconi – quinta parte (per quarta parte vedi 1 Giugno)

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La scuola al tempo del Governo Berlusconi – quinta parte (per quarta parte vedi 1 Giugno)

– Un mio intervento sui temi della scuola 1994 (ero responsabile della Commissione Scuola e Cultura del PDS a Prato) – terza parte
E’ un tempo questo, di cui tratto nell’intervento, in cui è in atto una vera e propria trasformazione del quadro politico nazionale –abbiamo governi “quadripartiti” (Giuliano Amato dal 28 giugno 92 al 29 aprile 93) e di unità nazionale (Carlo Azeglio Ciampi 29 aprile 93 – 11 maggio 1994) seguito dal primo Governo Berlusconi che durerà 9 mesi fino al 17 gennaio 1995

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Sembra che questi argomenti non facciano parte dell’universo-scuola, dell’universo-giovani. Gli allievi, cioè, appaiono ormai sempre più vittime del distacco che in questi anni si è andato formando fra la scuola e la realtà ad essa immediatamente esterna ed inoltre è evidente sempre più il venir meno dell’apporto educativo della famiglia e del ruolo dei docenti.
C’è un elemento positivo, quest’anno, che è dato da un fattore negativo: si tratta di una consapevolezza da parte degli studenti dei propri limiti, temperata lievemente da una richiesta giusta di autonomia, importante, a mio parere, per la loro crescita e maturazione. A Prato c’è stato un movimento, nella seconda parte del mese di ottobre, che io giudico molto positivamente. Rispetto agli altri anni c’è stato meno folklore e più concretezza, e questo già da solo basterebbe a giustificare un giudizio positivo. Ci sono stati degli incontri con forze politiche e sindacali; gli studenti hanno cercato di sapere, di capire, di imparare, hanno discusso con gli altri studenti e fra di loro, sono nati dei coordinamenti, potrebbero profilarsi anche dei soggetti politici nuovi da prendere in considerazione. Qualcuno si sofferma a prendere troppo in considerazione solo quel che sta accadendo nel resto d’Italia, a partire dalla stessa vicina Firenze: se sarà necessario, gli studenti scenderanno in piazza, come già hanno deciso di fare con la fiaccolata del 24 novembre. Non si può misurare il grado di sensibilità degli studenti dalle loro proteste plateali, pittoresche: è molto importante ricordare a tutti noi come il voto giovanile a Prato per i Progressisti nelle ultime elezioni Politiche sia stato del 50 % circa, lo dico anche per confermare gli apprezzamenti positivi che ho già rivolto loro.
Un problema gravissimo che non avevo tuttavia dimenticato è quello della parità fra scuola pubblica e privata. Un documento sottoscritto da molte personalità, fra le quali spicca Vittorio Campione, responsabile per la scuola del PDS nazionale, ha posto l’accento su questo problema in maniera insolitamente tempestiva (era ora!), scatenando un dibattito non sempre civile. Su questo tema occorre un supplemento di approfondimento: mi limito a dire che ritengo necessario discuterne per evitare che le scelte, pur fossero esse a favore di una parità, non prevedano la configurazione di standard non solo formativi (dal reclutamento alle garanzie di rispetto del pluralismo e della democrazia nella circolazione delle idee), che possano garantire in ogni caso una formazione non diversificata.
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IL MORALISMO IMMORALE

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IL MORALISMO IMMORALE

Non solo non mi appassiono all’ondata di sdegno nei confronti di alcuni personaggi della storia più o meno recente di cui si ri-scoprono altarini indecorosi ma ne sono fortemente infastidito. Non ho mai accettato questo aspetto profondamente provinciale purtroppo molto spesso rappresentativo del modo di essere italiani. Avere bisogno di episodi occasionali per sentirsi antirazzisti democratici e rispettosi della dignità umana è profondamente provinciale ed in definitiva anche “immorale”. Ho un moto di ribellione nei confronti di chi ha abolito dal proprio vocabolario il termine “razza” perchè da un punto di vista ideologico, storico-ideologico, ha teso da qualche anno a designare delle differenze sostanziali nel rispetto della dignità umana. Storicamente non si può eliminare tale accezione, a patto che non venga identificata come “differenza o diversità” peculiare di una parte del genere umano. Se poi nel percorso della evoluzione della specie umana il colore della pelle si è andato modificando dal nero al rosa al giallo ciò non decreta il diritto di essere considerati rispettabili.
Ritornando ai moti di sdegno ed alle grandi manifestazioni di sostegno alle comunità afro-americane colpite in modo particolare dalle aggressioni xenofobe da parte della Polizia americana rischiano di essere la dimostrazione della “diversità sociale” non della consapevolezza antirazzista, proprio perchè si tende a giustificare l’esigenza che un “popolo” dei bianchi scenda in piazza a sostenere le ragioni “legali” di una comunità “altra”. Per carità, comprendiamoci: è importante che si scenda in piazza quando ci sono simili eventi, ma è altrettanto importante “poi” (meglio fosse stato fatto “prima”) agire di conseguenza nella pratica del “voto” (molti dei rappresentanti dell’elite borghese democratica non hanno partecipato al voto che ha decretato la vittoria di Trump, anche se, subito dopo, sono scesi in piazza a protestare) e nella quotidianità. In Italia è più o meno lo stesso; e quindi ritorno a trattare il tema iniziale di questo post: all’improvviso si ri-scopre che alcuni personaggi come Indro Montanelli hanno commesso “crimini” pedofili e razzisti. In linea assoluta esecrabili, orrendi. Ma occorre anche contestualizzare il tutto in un tempo nel quale la maggior parte degli italiani hanno sostenuto o “ben” sopportato regimi autoritari nazifascisti e poi cominciare a fare i conti con la propria Storia, quella dei propri genitori, dei nonni, dei bisnonni da cui in qualche modo discendiamo e dei quali possediamo anche parti di DNA. Non tergiversiamo su questo; qualche “pecora nera”, qualche scheletrino nell’armadio lo troveremmo. E facciamo attenzione: e qui menziono un fatto – anche se solo burocratico – vero.
Di recente, nell’impostare uno Statuto per un’Associazione politico-culturale ho utilizzato un testo base, riprendendolo da alcune cartelle di “file”, senza rileggerlo ma con l’intento di poterlo fare comunemente in sede assembleare. L’ho spedito attraverso un canale social (Messenger) e, tra le altre note, ne ho ricevuta una, che fondamentalmente condivido, che richiedeva di eliminare la dizione “razza”, da uno degli articoli. Ho provveduto immediatamente, ma…devo precisare che quel testo apparteneva allo Statuto base dell’ARCI, certo un ARCI di qualche anno fa, ma pur sempre un’Associazione culturale di Sinistra.
Ecco, cosa voglio dire? I “tempi” vanno riconosciuti e rispettati; con gli atteggiamenti isterici di sdegno postumi non si fa un buon servizio alla società del nostro futuro.

Joshua Madalon

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CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 31 maggio)

CINEMA –una storia minima – seconda parte degli Anni venti prima del sonoro (vedi 31 maggio)

Nel 1924 si avvia la carriera di uno dei più grandi autori cinematografici francesi – e non solo – con René Clair ed il suo manifesto dell’Avanguardia, “Entr’Acte” prodotto – come si evince dallo stesso titolo – come “film di sostegno” che intrattenga gli spettatori di un balletto di Picabia. In quello stesso anno, sempre in Francia, si produce “Ballet mécanique” di Fernard Léger, opera fondamentale per la conoscenza dell’arte futurista di cui Léger era interprete.

Intanto, tra il 1923 ed il 1924 si affaccia in modo rilevante sulla ribalta dell’arte cinematografica la stella di Buster Keaton, la cui “faccia triste” accompagnerà gli spettatori fino alla metà degli anni Sessanta. Straordinarie le sue interpretazioni, accompagnate da grandissimi successi commerciali, ne “La legge dell’ospitalità” del 1923, “La palla n.13” del 1924 e, sempre in quest’ultimo anno, “Il navigatore”.

Da segnalare, nel 1924, uno splendido film di fantasia e di avventura, che si avvale dell’interpretazione di uno dei “divi” più significativi dell’epoca del cinema muto, Douglas Fairbanks e del genio registico di Raoul Walsh: si tratta de “Il ladro di Bagdad”.

Ritornando al 1925, avendo ricordata l’uscita di quel capolavoro che è “L’ultima risata” di Murnau, che punta il dito sul declino della società mitteleuropea, non possiamo non aggiungere che è l’anno de “La corazzata Potemkin”, punto di riferimento della cinefilia non solo nostrana, ma indubbio capolavoro della cinematografia sovietica. Sempre in quell’anno, Eisenstein realizza un altro dei suoi capolavori, “Sciopero”.

In quello stesso anno, agli inizi della carriera avviata appena due anni prima, esce “La via senza gioia” di Georg Wilhelm Pabst, la cui protagonista anche ella più o meno agli inizi della carriera è quella straordinaria icòna Diva che porta il nome di Greta Garbo. La straordinarietà del film consiste anche nella presenza contemporanea di altre due “dive”: Asta Nielsen e Marlene Dietrich. Greta Garbo era stata notata da Pabst su un set nell’anno precedente, quello di La leggenda di Gosta Berling” di Mauritz Stiller. Il film, così come altre opere di quel periodo (la stessa “L’ultima risata” di cui si accenna sopra) rappresenta, attraverso la figura interpretata dalla Garbo, la crisi economica, civile e morale della Germania, dopo la sconfitta subita nella Grande Guerra.

Sempre nel 1925, tornando negli Stati Uniti va segnalata la quinta opera di Eric von Stroheim, “Greed”, un Kolossal enciclopedico di durata improponibile (circa 7 ore nella versione originale), considerato anche per questo motivo tra i film “maledetti” della storia del Cinema. Analogamente alle atmosfere europee, forse per le origini austriache del grande “maestro”, i temi trattati nei film di Stroheim sembrano collegarsi al clima di declino morale che si respirava in Germania. Molto diversa era l’aria che spirava nelle “storie” narrate da Charles Chaplin che nello stesso anno gira “La febbre dell’oro”, nel quale aleggia la speranza di un riscatto umano e sociale sempre presente nel mito americano dell’uomo che si fa strada verso il riscatto partendo dal basso.

Il 1925 è anche l’anno di un esordio eccellente in Gran Bretagna, quello di Alfred Hitchcock, con “The Pleasure Garden”, una storiella abbastanza esile, nella quale però si intravede il genio che verrà. Ed infatti nell’anno seguente, il 1926, “The Lodger” (Il pensionante) già rivela uno stile inimitabile nella narrazione che farà di Hitchcock un marchio indiscutibile fino alle ultime sue prove ed un punto di riferimento per tantissimi giovani autori.

IL SENSO DI RESPONSABILITA’ (differire le competizioni elettorali e referendarie al 2021)

IL SENSO DI RESPONSABILITA’ (differire le competizioni elettorali e referendarie al 2021)

Scrivevo l’altro ieri quel che segue (in corsivo)

Lo ripropongo di nuovo
Chi ci governa (dallo Stato centrale alle Regioni fino ai Comuni) ha chiesto ai cittadini di mostrare un senso di responsabilità di fronte ai diversi drammi derivati dalla pandemia: ci ha imposto un rigoroso “lockdown”; ha costretto molta parte del Paese alla inattività con le conseguenze di una profonda riduzione fino allo stremo del reddito di ciascuno.
Il popolo italiano nella sua quasi totale maggioranza ha mostrato di rispettare queste limitazioni di “libertà” in nome degli interessi vitali messi in pericolo dal Covid19.
Da più parti, sia la comunità scientifica sia quella politica ed istituzionale invitano alla prudenza temendo un ritorno della pandemia da qui al prossimo autunno-inverno. Non è sicuro ma è possibile.
Non vorrei essere l’unico folle a richiedere che il senso di responsabilità che viene richiesto ai cittadini non debba coinvolgere la stessa leadership politica istituzionale del nostro Paese.
L’invito è a differire di un anno (fino alla primavera inoltrata 2021) le elezioni amministrative regionali ed ogni altra competizione elettorale o referendaria. Le motivazioni che mi spingono a rivolgere questo appello sono chiare: non ci potrebbe essere una campagna elettorale “serena”.

La smania per gli appuntamenti elettorali sta ad evidenziare la scarsissima considerazione dei veri problemi del Paese da parte della classe politica italiana. Sarebbe oltremodo opportuno il differimento di un anno degli appuntamenti elettorali. Sarebbero molteplici le motivazioni favorevoli a questo “gesto”, in primo luogo il rispetto per la grave situazione che si è creata e che va verso un aggravamento ulteriore. Le campagne elettorali sono sostanzialmente fatte di enunciati positivi e propositivi “da realizzare in un quinquennio”; il Paese ha bisogno invece di fatti concreti “ad horas”.
In questi rilievi non c’è alcuna differenza tra chi “governa” e chi fa “opposizione”. Appaiono tutti ben disponibili a dimenticare le traversie e tuffarsi in una “intensa(?!?) calda campagna elettorale “estiva”, con il risultato certo (non valgono rassicurazioni in merito: gli “interessi” particulari prevarranno alla grande, ricoperti da un ipocrita riferimento ad interessi “collettivi”. Molti dei “protagonisti” delle prossime contese, previste in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto, scalpitano da tempo ed allo stesso modo alcuni leader nazionali di Centrosinistra, di Centrodestra e Destra insistono addirittura di poter votare prima possibile, il che avrebbe in un primo tempo potuto significare nei mesi estivi, poi sembrano accontentarsi di settembre, noncuranti non solo delle problematiche connesse alla conduzione di una campagna elettorale sotto gli ombrelloni e, si intende, nel rispetto delle regole anti Covid, ma anche delle tante urgenze collegate alla ripresa del nuovo anno scolastico con annessi e connessi già oggetto di accese discussioni.

Quel che io sto scrivendo qui non mi sembra essere argomento in cima ai pensieri di molti altri cittadini nè tanto meno dei diversi – a diverso titolo – partecipanti alle prossime contese elettorali. E’ indubbio che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza del Paese siano le scelte di politica economica per fronteggiare la crisi e che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza – oserei pensare la “totalità” – dei sostenitori delle forze politiche sia collegata strettamente alla messa a reddito dei loro presunti (o reali, non intendo discutere su questo: non ne ho oggettiva contezza) meriti, su cui preparerebbero una campagna elettorale paradossale, una campagna ancor più davvero insensata, nel malaugurato caso di ritrovarsi di fronte ad una epidemia di ritorno.

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Ci sarebbe davvero tanto da fare, al di là delle vaghe promesse elettorali, in ogni Regione. La pandemia ha messo in primissimo piano molti problemi che “prima” erano snobbati dalla stragrande maggioranza dei politici; in primo luogo, non ci stancheremo di ripeterlo, la delega ai privati di vasti settori della Sanità; la sottovalutazione dei temi ambientali e la cura delle infrastrutture più utili, in primo luogo quelle scolastiche, da troppi anni abbandonate nella loro progressiva obsolescenza ed insufficienza. Allo stesso tempo, però, ci si preoccupava di mettere in piedi “mostri” come il Ponte sullo Stretto o una nuova Pista aeroportuale a Firenze, i cui impatti sia ambientali che eco-umani sarebbero devastanti ed i cui costi rischierebbero di vanificare quel Piano di verifica statica su tutta la rete extraurbana nazionale resa necessaria dal suo invecchiamento.
Le urgenze non possono essere procrastinate ad una nuova stagione politica là da venire. Occorre occuparsene ora, subito.

Joshua Madalon

A proposito di “mascherine” a Prato e – forse – in Toscana

A proposito di “mascherine” a Prato e – forse – in Toscana

Il Presidente della Regione Toscana si è vantato (in linea di massima ne aveva tutto il “diritto”) che la Regione da lui “governata” distribuiva “mascherine” gratis. Molto bene! Purtroppo, però, oltre alla indegna “questione” assunta ai “(dis)onori della cronaca”, c’è da rilevare che la stragrande maggioranza delle “edicole” cui in questa fase sono stati assegnati i compiti della distribuzione delle “mascherine” ha dichiarato progressivamente “forfait”.
Ad ogni modo, confessando la mia ignoranza, non riesco a comprendere il senso del testo che è accluso in ogni confezione di “mascherine”. E’ uno scherzo?
P.S.: In una delle ultime edicole dove mi sono affacciato c’era un cartello “La distribuzione delle mascherine è finita…per noi”

Qualcuno, leggendo il mio post breve sull’account di Facebook pubblicato stamattina, ha voluto innanzitutto presentare chi in modo palese chi in modo occulto le sue credenziali. “Dotti, Medici e Sapienti” come la canzone di Edoardo Bennato.

“Io sono …. e quindi (a tutta evidenza) ne so più di te, caro signor Nessuno che non vuoi capire che di questi tempi ti tocca stare zitto e subire”

Non proprio così, ma il sottinteso è certamente molto vicino a questo.

Riporto il testo: Io sono un medico. Tu stai facendo una pessima figura oltre a disinformazione. Che poi è l unico motivo per cui stavo perdendo tempo. Bloccare la disinformazione. Se anche uno solo dei tuoi contatti viene influenzato da te nel messaggio che queste mascherine sono fabbricabili anche in casa, sarebbe un danno per la collettività. Buon proseguimento.

Si è anche aggiunto che diffondevo “fake”; chi lo ha scritto probabilmente poi si è accorto, rileggendo con attenzione il testo che non si trattava di “notizie” ma di una riflessione su un “problema” serio abbastanza diverso da quello che appariva dal “decorso” della discussione (che molto spesso tracima dal “seminato”) e cioè la grande difficoltà con cui una “promessa” sacrosanta del Governatore Rossi della civilissima Toscana potesse realizzarsi.

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Solo in seconda battuta c’era – pur se accompagnata da due foto, e questo forse ha prodotto l’equivoco – la domanda su cosa significasse quella scritta apposta in ogni confezione distribuita prima nelle Farmacie e poi nelle Edicole: “Le presenti mascherine non sono da considerarsi né Dispositivi Medici né Dispositivi di Protezione Individuale”. La domanda, quest’ultima, a mio parere, è doverosa (a proposito, io non sono un medico ma sono un “linguista”: non credo però di essere “infallibile” ma ho sempre mantenuto la pratica del “dubbio”) e continuo a non comprendere il senso della “scritta” (pare che sia “obbligatoria” ma rimango perplesso). La stragrande maggioranza della gente non è Umberto Eco e nemmeno Giuseppe Maddaluno o, se preferite, Joshua Madalon.
Qualche altro ha trasceso in modo provocatorio come capita spesso sui “social” mandandomi a quel paese con stratagemmi ridicoli o invitandomi ad emigrare in Lombardia o in Liguria…in Veneto no!

Cito dai commenti al post no no e lei è la sua sinistra scassalcazaia (per citare i Broncovitz) che di sinistra in realtà non ha proprio nulla, che continua imperterrita a sbagliare bersaglio, in nome non si sa bene di quale idealismo puro e si alinea sempre con la destra più becera!

Proseguo nelle citazioni guardi prenda la residenza in Lombardia, li può tranquillamente fare a meno anche delle mascherine, che per altro nessuno ha mai distribuito gratuitamente né lo farà in futuro, perché la Regione ha tutelato e protetto assai meglio i suoi cittadini, tant’è che la Lombardia è notoriamente da mesi a contagi zero. Oppure opti per la Liguria o il Piemonte… In Veneto no, non ci vada, lì più o meno hanno operato come la Toscana, tranne per il fatto che non hanno consegnato mascherine gratuitamente

A chi ha dialogato in modo pacato pur non condividendo il post (ma nessuno di coloro che ha ruoli più o meno istituzionali, al di fuori del giovane F.B. ha compreso – o ha finto di non comprendere – quale fosse l’argomento principale) ho anche risposto in modo preciso.

a cosa dovrebbero servire le “mascherine” lo sapevo da molto tempo: quando incontravo operaie ed operai cinesi (più le une che gli altri) capivo perfettamente che si proteggevano. Per loro era un’abitudine, per cui non hanno faticato molto ad abituarsi alla “novità”.So bene anche che non servono a proteggersi ma a proteggere. Quando ho scritto il post, tuttavia, sono partito da un’altra constatazione (non la ripeto, la ritrovate leggendo la prima parte del post), alla quale non trovo risposte da parte di nessuno dei partecipanti al dibattito che è diventato stucchevole ed “accademico” ed in definitiva inutile dimostrazione di “ciò che ciascuno sa”. Quanto alla seconda domanda (…è uno scherzo?”) mi chiedo ancora una volta – e ve lo chiedo – per quale motivo sia necessario tutto questo “dibattito” per spiegare che….e blablabla….Vi siete accorte che la nostra società è al limite dell’analfabetismo di ritorno, se non già molto oltre? Direi che quella dicitura apposta in ogni confezione sia la dimostrazione del vortice di burocrazia nel quale abbiamo ficcato il nostro Paese. Se volete, ne discutiamo pacatamente in diretta. Se conoscete qualcuno di quelli che approfitta della discussione per fini di contrapposizione “politica” fategli presente che nella società ci sono quelli che accettano in modo pedissequo le scelte e quelli che, pur condividendo la “posizione” politica dei “protagonisti” provvisori non la accettano in modo totale perché amano ragionare. So bene che questa azione del “ragionare” poco si addice a chi si occupa di politica corrente. Sono un uomo che si è liberato da queste sovrastrutture e sono diventato sempre più scomodo. A coloro che da Destra pensano di lucrare dalle mie argomentazioni rivolgo un invito a non illudersi. La mia è una Sinistra che può anche non piacere a parti di Centrosinistra, ma che non può essere confusa con la Destra.

Un commento “saggio” è giunto per l’appunto dal giovane F.B.

I sistemi di consegna non saranno dei migliori, Giuseppe, però bisogna ammettere che a differenza delle altre regioni di Italia possiamo avere le mascherine gratis, ed io sto andando avanti con quelle. Direi che più che una passerella sia una fortuna.
C’è ancora da fare, si può sempre migliorare, ma non credo sia questa la faccenda su cui fare polemica.
Era questo il “tema”, non altro

Una compagna ha capito tutto (ma non ci voleva davvero la laurea):

Il giornalaio di via dell’Alberaccio, apre alle 16, alle 14,30 c’è già gente in fila, non ne dà che a 50 persone, le altre sono state ad aspettare, ma non gli toccano, lui mi ha detto stamani che smetterà questo servizio, qualcosa deve cambiare, così non funziona

A lei ho precisato il senso del post e del Post scriptum:

ne avevamo trovate in via Montalese. Sono ripassato ieri perché nostra figlia è ritornata per qualche giorno ma ci ha sorpreso la scritta di cui sopra: “La distribuzione delle mascherine è finita…per noi”. Già l’altro ieri era “sfavato” e quindi ha agito di conseguenza. Ho rilevato da qualche parte che “ben diversa sia la “mission” dei farmacisti rispetto a qualle degli edicolanti. Pare (!) che la splendida idea delle “edicole” sia partita da “La Nazione”.

La compagna mi ha risposto

preciso che nessuno di noi le ha prese ( 9 persone)

ed io ho chiuso

…e questo la dice lunga!

Tralascio altro, per ora

Joshua Madalon

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA (perché non si differiscono le competizioni elettorali al prossimo anno?)

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L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA (perché non si differiscono le competizioni elettorali al prossimo anno?)

La smania per gli appuntamenti elettorali sta ad evidenziare la scarsissima considerazione dei veri problemi del Paese da parte della classe politica italiana. Sarebbe oltremodo opportuno il differimento di un anno degli appuntamenti elettorali. Sarebbero molteplici le motivazioni favorevoli a questo “gesto”, in primo luogo il rispetto per la grave situazione che si è creata e che va verso un aggravamento ulteriore. Le campagne elettorali sono sostanzialmente fatte di enunciati positivi e propositivi “da realizzare in un quinquennio”; il Paese ha bisogno invece di fatti concreti “ad horas”.
In questi rilievi non c’è alcuna differenza tra chi “governa” e chi fa “opposizione”. Appaiono tutti ben disponibili a dimenticare le traversie e tuffarsi in una “intensa(?!?) calda campagna elettorale “estiva”, con il risultato certo (non valgono rassicurazioni in merito: gli “interessi” particulari prevarranno alla grande, ricoperti da un ipocrita riferimento ad interessi “collettivi”. Molti dei “protagonisti” delle prossime contese, previste in Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto, scalpitano da tempo ed allo stesso modo alcuni leader nazionali di Centrosinistra, di Centrodestra e Destra insistono addirittura di poter votare prima possibile, il che avrebbe in un primo tempo potuto significare nei mesi estivi, poi sembrano accontentarsi di settembre, noncuranti non solo delle problematiche connesse alla conduzione di una campagna elettorale sotto gli ombrelloni e, si intende, nel rispetto delle regole anti Covid, ma anche delle tante urgenze collegate alla ripresa del nuovo anno scolastico con annessi e connessi già oggetto di accese discussioni.

Quel che io sto scrivendo qui non mi sembra essere argomento in cima ai pensieri di molti altri cittadini nè tanto meno dei diversi – a diverso titolo – partecipanti alle prossime contese elettorali. E’ indubbio che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza del Paese siano le scelte di politica economica per fronteggiare la crisi e che la preoccupazione maggiore della stragrande maggioranza – oserei pensare la “totalità” – dei sostenitori delle forze politiche sia collegata strettamente alla messa a reddito dei loro presunti (o reali, non intendo discutere su questo: non ne ho oggettiva contezza) meriti, su cui preparerebbero una campagna elettorale paradossale, una campagna ancor più davvero insensata, nel malaugurato caso di ritrovarsi di fronte ad una epidemia di ritorno.

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Ci sarebbe davvero tanto da fare, al di là delle vaghe promesse elettorali, in ogni Regione. La pandemia ha messo in primissimo piano molti problemi che “prima” erano snobbati dalla stragrande maggioranza dei politici; in primo luogo, non ci stancheremo di ripeterlo, la delega ai privati di vasti settori della Sanità; la sottovalutazione dei temi ambientali e la cura delle infrastrutture più utili, in primo luogo quelle scolastiche, da troppi anni abbandonate nella loro progressiva obsolescenza ed insufficienza. Allo stesso tempo, però, ci si preoccupava di mettere in piedi “mostri” come il Ponte sullo Stretto o una nuova Pista aeroportuale a Firenze, i cui impatti sia ambientali che eco-umani sarebbero devastanti ed i cui costi rischierebbero di vanificare quel Piano di verifica statica su tutta la rete extraurbana nazionale resa necessaria dal suo invecchiamento.
Le urgenze non possono essere procrastinate ad una nuova stagione politica là da venire. Occorre occuparsene ora, subito.

Joshua Madalon

L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA un leitmotiv nei miei post

Causi
L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA un leitmotiv nei miei post

Se rovistate tra i post (ormai circa 2000) del mio Blog trovate molto spesso la parola “Memoria”. Indubbiamente fa parte della parabola esistenziale la volontà di ricorrere nella parte calante della vita ai ricordi; ma – per quel che mi riguarda – questa tendenza l’ho sempre avuta sin da ragazzo ed ho poi anche “esercitato” la mia professione in quella direzione storica, sociologica, antropologica creando collegamenti tra i diversi “tempi” incastonandoli in un eterno multiforme puzzle. Anche il lavoro che sto svolgendo negli ultimi tempi su questo Blog è diretto al recupero di particolari momenti da me vissuti operando nella Scuola, nel Teatro, nel Cinema, nella Cultura, nella pratica Politica. Ed infatti negli ultimi giorni potete trovare alcuni riferimenti al periodo che stiamo vivendo, per il quale vado chiedendo che non sia, come troppo spesso è accaduto in altri momenti, utilizzata la pratica dell’oblio, semmai come salvaguardia di errori omissioni colpevoli inadempienze sottovalutazioni e atti criminosi o incuria ed incapacità politiche e professionali. Abbiamo già detto che “prima” della pandemia non c’erano rose e fiori, non scorreva miele dalle fonti, né si potevano trovare tesori nelle fogne: di certo quel che non andava bene per una parte si è trasformato in quel che non va bene per più parti. Ma bisogna intanto capire quali sono i pericoli reali e chi sono i veri colpevoli della depressione economica che sta condizionando la nostra vita. Uno dei rischi più alti sarebbe che si assolvessero i comportamenti economici criminosi e si scaricasse su uno Stato non proprio all’altezza di un compito così gravoso la maggiore responsabilità. In un Paese democratico gli ingranaggi devono essere coordinati in modo cooperativo; non ci possono essere zone franche dalle regole. In un Paese democratico non ci può essere lavoro nero e, di concerto ad esso, sottopagato e non riconosciuto a pieno dal punto di vista dei contributi. In un Paese democratico ciascuno è chiamato a contribuire in misura di quanto realmente guadagna. Ho detto “democratico” perché senza tutte queste garanzie non c’è “Democrazia”. La Democrazia parte dal rispetto dell’uomo ed in Italia parte dai fondamenti della Costituzione. Ma quel che dico, lo dico da settantenne, che cerca di parlare a persone più giovani (sessantenni nati negli anni Cinquanta, cinquantenni nati negli anni Sessanta, quarantenni, trentenni, ventenni). Ed allora ,facendo uno sforzo di “Memoria” posso comprendere come l’attuale classe politica sia sostanzialmente figlia dell’edonismo berlusconiano che ha intossicato per decenni il nostro Paese con le “sue” televisioni, programmi trash con gente che sapeva godersela la vita alla faccia della grande massa, perennemente a caccia del minimo per sopravvivere.Ha diffuso un modello di vita immorale, utilizzando i temi “libertari” come “libertinari” con esempi eclatanti e mai smentiti, creando una divisione di classe che ha comportato un abbassamento verticale del credito della Cultura a vantaggio del “guadagno”, osannando le “apparenze” e mortificando “le “essenze”.
Questa trasformazione che somiglia a quella “mutazione antropologica” pasoliniana (ma per quella siamo agli inizi degli anni Settanta e ne potrebbe essere responsabile il “boom” economico innescato dai modelli americani del secondo dopoguerra) abbiamo potuto intravederla anche all’inizio del secondo decennio del XXI secolo, allorquando (faccio un esempio concreto) nel corso di campagne elettorali se attraversavi le strade del centro città e non badavi ai simboli esposti dai vari Comitati (fossero di Centrosinistra o di Destra) non riuscivi a notare alcuna differenza nello stile dei supporter: tutti, e soprattutto i più giovani, vestivano come commessi aziendali, in giacca e cravatta.

J.M.