DENTRO IL LOCKDOWN tricolore –

Dentro il lockdown tricolore –

Ciascuno di noi, in questi tempi, ha molte diverse buone ragioni da rivendicare. L’emergenza ci va condizionando, va imponendo alla nostra vita di confrontarci con dei limiti oggettivi da non sottovalutare. Sarebbe stato tutto molto diverso se non fossimo stati tutti coinvolti nella pandemìa. Abbiamo dovuto rivedere molti dei nostri comportamenti “sociali”. Chi più chi meno ha ridotto la frequentazione esterna sia in pubblico che in privato; si va meno nei luoghi di consumo (bar, ristoranti, pub, centri commerciali) e ci si muove molto meno, non si viaggia, non si frequentano cinema, teatro e riunioni politiche.

Casa e lavoro, lavoro, casa e luoghi per l’acquisto di beni essenziali: queste sono le uniche attività che svolgiamo. E’ indubbio che per molti di coloro che, per ragioni connesse al tentativo che il Governo impone allo scopo di  frenare l’andamento progressivo verso l’alto della linea di contagi, pèrdono pur temporaneamente (ma a volte non è così) il lavoro, il cambiamento di vita deve fare i conti con la mancanza di un reddito sicuro.

Negli ultimi giorni, nelle ultime ore, direi anche in diretta, ora, il dibattito verte sulla colorazione che il Governo ha assegnato a ciascuna delle Regioni italiane. Giallo, arancione, rosso: sono gradazioni collegate ad un indice di contagio denominato Rt basato su 21 parametri tra i quali il numero dei casi sintomatici, i ricoveri, i casi nelle Rsa, la percentuale di tamponi positivi, il tempo medio tra sintomi e diagnosi, il numero di nuovi focolai, l’occupazione dei posti letto sulla base dell’effettiva disponibilità.

Sia come sia, la matematica pare che “non sia un’opinione” e l’unico modo per contestare i risultati è una valutazione di tipo “politico”. Pur tuttavia, continuerò ancora una volta a ribadire che in un tempo di crisi così acuta e “speciale” sulle cause della quale è molto complesso scaricare la responsabilità su una sola delle aprti politiche occorra far prevalere, pur utilizzando il meglio  della  pratica Politica, il senso di responsabilità. Bisogna considerare gli interventi restrittivi come antidoto prioritario succedaneo a quelli preventivi che non sono stati appplicati. Sia chiaro che allorquando non sono stati previsti, a festeggiare senza rispettare i limiti minimi consigliati erano tanti tra quelli che oggi alzano il dito accusatorio verso gli interventi governativi che potrebbero apparire ancora una volta “limitativi delle libertà” ma ad ogni buon conto assolutamente necessari per il futuro della “libertà”, prima di tutto, dalla pandemìa. Le Regioni che contestano i dati e la loro appllicabilità (in primo luogo la Lombardia e la Calabria) appaiono partecipanti ad un “gioco di ruolo” che difficilmente può essere comprensibile in un consesso civile complessivo e nazionale. Non vi sono dubbi alcuni sul livello di pericolosità che l’epidemia va mostrando in terra lombarda (i dati sono impietosi); allo stesso tempo la Calabria pur non essendo ancora pervenuta ai parametri “rossi” non possiede per una forma di arretratezza congenita particolarmente evidente nel settore “sanitario” le necessarie garanzie di poter fronteggiare in modo adeguato un picco di contagi.

D’altra parte, se nelle prossime settimane si assistesse ad un decremento dei valori, molte delle attività che oggi sono costrette a chiudere, potrebbero essere riaperte.

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