VIAGGIATORI – I GIORNI 1972 – parte 6

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Viaggiatori – I giorni 1972 – parte 6

Il fischio della nave. Gli anelli dell’ancora salire, rumorosi.
La riva allontanarsi, la gente, l’isola, man mano più lontana, sempre più piccola.
Padroni della nave. O quasi. Tanta, tanta gente era scesa. Il vecchio penitenziario di Santo Stefano, dove erano stati, tra i tanti, Settembrini e Pertini, mi dava ora l’idea di un vecchio inoffensivo castello. Dissi tra me e me: “Un giorno ci vengo. Un po’ di vacanza. Mi ricordava la Terra Murata di Procida.
Pioveva. “Cos’è la vita?!” Una domanda oziosa. Una risposta filosofica interminabile. Una domanda inutile e secca “Cos’è la vita?!” Una risposta lunghissima. Pioveva. Pioveva. La mano nella mano. Tuoni, fulmini, portoni; fulmini, tuoni, portoni; mare, tempesta. Pioveva. Capelli bagnati, ginestre profumate, capelli bagnati, profumo di ginestre. La mano nella mano. Una corsa sul bagnato a cercare portoni ospitali. Presenti e vivi. Al pomeriggio, il sole. Presenti e vivi.
Avevamo lasciato Ventotene che era quasi il tramonto. Il coraggio di essere tra pochi ci permise di mandar giù qualche panino.
Si andava avanti verso il Sole. Progetti, programmi. L’isola era vicina, ormai.
La donna dal naso semi-adunco sedeva accanto ad un signore dall’aria tedesca, completamente soggiogato da quella. Il suo stile di donna di vita e la sufficienza che ostentava mi davano ai nervi. Vedevo quel signore, prigioniero. E forse davvero lo era.
Nervosi entrambi, più tardi passeggiavano a turno come se fossero custodi vigili di un tesoro nascosto in qualche parte della nave. Chissà dove.
C’erano poi anche altri due innamorati. Due belle figure, di quelle difficilmente descrivibili perché normali. Vennero a sedersi accanto a noi. Si servirono delle nostre carte, dei nostri opuscoli. Ringraziarono. Ponza continuava ad avvicinarsi tra l’irradiazione atmosferica. Poi, diventata più chiara la visuale, vedemmo anche Zannone. Gli scogli della Botte sulla sinistra sembrano dapprima un’imbarcazione. Ma poi man mano che ti avvicini ti accorgi che son fermi…
Vedemmo il sole tramontare dietro il monte e l’isola diventare sempre più grande, più nitida.
“Se mi stanco, te la vedrai tu, se mi stanco te la vedrai tu”:
Eravamo già stanchi e ci aspettava ben altro che il riposo. Un viaggio in nave, specie quando è lungo e scomodo, stanca. I nostri occhi non dicevano niente di buono, ma la verità-
“Non appena arrivo, ti telefono” era stata la promessa a mia madre. Ed era tardi. Era di certo in pensiero. Sicuramente.

fine parte 6

Ponza

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