VIAGGIATORI – una serie di racconti – LA SFIDA – 4 ed ultima parte

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LA SFIDA – quarta ed ultima parte

Il mare era abbastanza tranquillo nel porto, anche se con l’approssimarsi del tramonto il vento aveva ripreso a tirare ed a dire il vero non era freddo. Il gruppo di Alberto, tutti soddisfatti per l’esperienza vissuta, arrivò a Marina Grande con il piccolo autobus. Scesero e si avviarono alla biglietteria, ma la trovarono chiusa e videro anche un cartello affisso: “SERVIZIO SOSPESO per mare forza 9”. In effetti, il mare non appariva poi così tempestoso, ma uno degli ormeggiatori che Alberto conosceva disse che il moto ondoso era molto forte nella parte più aperta alle correnti aeree ed in particolare fra Ischia e Procida e nel canale di Procida; e , quel che era peggio, le previsioni non annunciavano miglioramenti nelle ore successive, anzi! Cosa fare, a quel punto? Alberto sapeva anche che in qualche occasione era stata ripresa la rotta per Acquamorta, al Monte di Procida; ne accennò al gestore del bar, Geppino, che conosceva da tempo ma quello gli rispose che, in simili condizioni, nessuno lo avrebbe potuto condurre dall’altra parte: la sera stava sopraggiungendo e non vi erano le condizioni per poter con certezza far ritorno e poi la Capitaneria non lo avrebbe consentito.
Alberto chiamò Valerio che, per fortuna, visto il maltempo, era ritornato a casa e lo informò. “Se qualcuno ci dicesse che di certo domattina si parte potremmo anche adattarci in un magazzino del porto o chiedere ospitalità in uno dei locali della Marina; ma ho la sensazione che non vi siano certezze in tal senso.” Alberto pensò anche di portare una parte dei suoi amici dai suoi parenti, ma Valerio lo rassicurò: “In occasioni come queste, voi siete stati nostri ospiti, tocca a noi ricercare una soluzione. Chiamo il Sindaco per capire quel che si può fare! Aspettatemi”. Alberto ringraziò ed avvertendo su di sé la responsabilità di averli condotti in quella “sfida”, informò il gruppo, che intanto come aveva fatto al mattino si stava rifocillando al caldo in una stanza interna del Bar con te e pastine varie.
Valerio arrivò dopo meno di un’ora; con lui c’era il vice Sindaco che assicurò tutti che l’isola avrebbe provveduto ad ospitarli in una struttura alberghiera (avevano pensato anche all’Ospedale, ma veniva utilizzato solo per il Pronto Soccorso e non aveva spazi organizzati) fin quando il servizio di navigazione non fosse ripreso. Alberto aveva telefonato alle zie e si fece escludere dal computo; disse che però li avrebbe accompagnati per accertarsi della sistemazione. In quei giorni, per la concomitanza delle festività e del maltempo, gli alberghi erano pressochè vuoti. Era consuetudine ad ogni buon conto avere il massimo rispetto per gli “ospiti”, ancor più in occasioni come quelle; e non capitava certamente spesso.
Valerio, il Vice Sindaco ed un altro amico fino ad allora sconosciuto li accompagnarono, utilizzando tre auto, ai due Alberghi che si trovavano fra Solchiaro e la Chiaiolella, il “Savoia” ed il “Riviera”. Furono accolti con estrema cortesia nella tradizione ospitale dell’isola. Alberto ringraziò gli amici di Procida, si accomiatò dai suoi amici assicurando loro che, presto, la mattina dopo sarebbe ritornato, suggerendo loro di essere pronti perché se il mare si fosse calmato ed il servizio ripreso sarebbero partiti. La notte il vento riprese vigore e la mattina, limpida perché sgombra di nubi annunciò tuttavia che nulla era cambiato e che il mare, lo si vedeva dall’alto della casa delle zie di Alberto, lo si vedeva altrettanto dall’alto delle terrazze dei due alberghi, era ancora più tempestoso. Alberto raggiunse presto gli amici e con loro, sapendo di dover rimanere ancora qualche ora, forse un giorno, si sperava un solo giorno, si incamminò sulla via “Panoramica” e da quella poterono osservare la maestosità delle onde marine che si scagliavano possenti contro la scogliera sollevando una schiuma corposa; ed il vento intenso rendeva il cammino faticoso lungo la strada. Alberto e pochi altri, rassicurati e protetti dalla dolcezza e dall’ospitalità dell’isola, ricordarono i versi di Lucrezio nel secondo libro del “De rerum natura”

“Suàve , marì magnò turbàntibus àequora vèntis
è terrà magnum àlteriùs spectàre labòrem;
nòn quia vèxarì quemquàmst iucùnda volùptas ,
sèd quibùs ìpse malìs careàs quia cèrnere suàve est.”

“bello, quando sul mare si scontrano i venti
e la cupa vastità delle acque si turba,
guardare da terra il naufragio lontano.
Non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina,
ma la distanza da una simile sorte”

e fecero ritorno, dopo aver acquistato alcuni prodotti per l’igiene intima in un “Coloniali” in Piazza Olmo, uno di quei negozi che emanano profumi di pulito e vendono di tutto, ai loro Alberghi. Era il 4 novembre, venerdì e nel Nord ed il Centro d’Italia, si stava consumando la tragedia delle alluvioni. Trento, Venezia, Udine, Brescia, Padova subirono enormi danni; Firenze fu sommersa dall’Arno. Un patrimonio immenso di Arte, Cultura e Civiltà rischiò di essere perduto. Alberto ed i suoi amici si incollarono alle radioline che riportavano i notiziari del “dramma”. Compresero di essere davvero fortunati. La mattina dopo riuscirono a far ritorno. Il mare non era ancora tranquillo ma il servizio era ripreso.

Joshua Madalon

Fine

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