PERCHE’ AL REFERENDUM sulla riduzione del numero dei parlamentari voterò SI – tre miei post del febbraio u.s.

PERCHE’ AL REFERENDUM sulla riduzione del numero dei parlamentari voterò SI – tre miei post del febbraio u.s.

POST del 16 febbraio 2020

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VERSO IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI – 29 MARZO

Il 29 marzo andremo a votare per un referendum per confermare o rigettare il taglio dei parlamentari. Come tanti sono in grande imbarazzo: comunque vada, mi dico, continueranno a dettar legge i soliti apparati. Se viene fermato il taglio canteranno vittoria la gran massa dei politici di mestiere, soprattutto quelli che non hanno un loro passato professionale “normale” avendo vissuto solo di “politica”. Strano a dirsi ma accadrà la stessa cosa, se invece il “taglio” sarà confermato. Nei primi giorni di ottobre dello scorso anno (il 2019) una maggioranza ”bulgara” vicina al 100% ha approvato il taglio (vedi foto in evidenza). E’ molto strano, paradossale, davvero assurdo che, poi, molti di quelli che hanno votato per il taglio, oggi si impegnino a partecipare al referendum sostenendo proprio il contrario di quella scelta. Ma la Politica, conosciuta come Arte del possibile ( e, dico io, dell’impossibile ), è fatta così.

Mi sento – e lo sono – un comune cittadino informato e consapevole. Ed esprimo i miei dubbi.
La chiamano “Democrazia”, ma il “demos” è sostituito da una congerie di lobbies, veri e propri potentati economici o subeconomici che mirano a realizzare macrointeressi di classe concedendo benevolmente poco più che briciole al “popolo”, ovvero alla parte più debole di un Paese.

La rappresentanza indiretta stabilita dalla nostra forma di “repubblica parlamentare” non consente il pieno esercizio della “democrazia” da parte dei cittadini. Occorre dunque prevedere una regolamentazione che permetta una vera partecipazione popolare alle fasi di reclutamento e di accesso alle liste o perlomeno si abbia la possibilità di esprimere delle preferenze e semmai di poter utilizzare la forma del voto disgiunto. Invece sia nella scelta del personale politico rappresentativo sia in quelle di carattere politico ed economico generale pochi sono coloro che gestiscono il potere quasi sempre a proprio esclusivo vantaggio ed a danno dei molti.
Tra qualche settimana andiamo a votare per il referendum che tratta del “taglio del numero dei parlamentari italiani”.

Sottopongo al lettore una (la n.5 su 9 pubblicate su
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/2020/02/12/faq-sul-referendum-costituzionale-del-29-marzo-sul-taglio-dei-parlamentari/) delle FAQ preparate dal Comitato per il NO al taglio. Intendo rilevare che nella risposta, peraltro convincente se tutto quel che si scrive dipendesse da “altri” (un “nume” cattivo, un “despota” sanguinario), vi è la “soluzione”: chi viene eletto quasi sempre “non “ rappresenta i propri elettori nel senso vasto, ma quella piccola parte “di potere” che gli ha consentito di poter essere eletto. Ragion per cui anche se i parlamentari si riducessero, poco cambia per il “popolo” se non vengono realizzati dei correttivi metodologici utili alla costruzione di un vero e proprio rapporto con i territori.
Questa la domanda assertiva
A: La riduzione del numero dei parlamentari non incide sulla rappresentanza, anzi la rende più autorevole.
Questa è invece la risposta
B: Completamente falso. Se si riduce il rapporto fra cittadini e parlamentari si incide profondamente sulla rappresentanza politica, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo.Perché si realizzi una vera rappresentanza politica, bisogna che i singoli parlamentari abbiano una relazione reale e continua con i problemi del territorio in cui è avvenuta la loro elezione e dei cittadini che ci vivono, nonché un rapporto costante, non limitato al momento del voto, con i propri elettori. Meno sono gli eletti e più difficile è realizzare quel rapporto. Questo inevitabilmente nuoce all’azione dei parlamentari sul piano qualitativo perché riduce la possibilità di una conoscenza dei problemi concreti.Quindi la rappresentanza politica ne risulta peggiorata.

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Ne riparleremo

Joshua Madalon

26 febbraio
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I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI

Tra poco più di un mese si dovrebbe votare (Coronavirus permettendolo) per un referendum sul taglio dei parlamentari. Come ho già scritto, sono in forte imbarazzo: forse non partecipo al voto, forse mi astengo o…forse voto SI. La qual cosa mi porrebbe ancor più in disaccordo con il mio gruppo di riferimento attuale che è “Prato in Comune”. Eppure, non ho fatto nessuna mossa per far prevalere la mia posizione, lasciando che altri esprimessero la loro; ancor più, una volta espressa da maggioranza molto netta la scelta per il NO, ho comunicato personalmente al coordinatore pratese del Comitato per il NO l’adesione dell’Associazione.
Ho anche aggiunto che nessuno di coloro che ha optato in nuna rapida consultazione per il Ni o per il SI, avrebbe dovuto partecipare per rispetto della maggioranza ad una campagna favorevole al SI.
Non posso tuttavia esimermi dal rappresentare le motivazioni per cui in controtendenza rispetto a tanta parte della Sinistra sono più orientato a non seguire le indicazioni comuni.

Una visione elitaria
Ho parlato di paradossi e contraddizioni in un altro post dove in qualche modo sottolineavo l’incoerenza che emerge tra il voto dei primi giorni dell’ottobre scorso (circa cinque mesi fa) e la decisione di andare a referendum. Il primo paradosso è evidenziato dalla sottolineatura di una riduzione numerica della rappresentanza, come se quella attuale composizione di eletti non dovesse essere riconosciuta come “rappresentativa” mentre lo sarebbe la “futura” semmai numericamente (ma, dico io, non solo numericamente) omogenea. Credo che la “rappresentatività” è – sì certamente – limitata, ma non certo per il numero dei rappresentanti. Ben altri sono i problemi della nostra “Democrazia” e non sarebbero portati a soluzione nè con 945 (630 + 315) nè con 600 (400 + 200) parlamentari. D’altra parte i 945, se fossero riconosciuti come rappresentativi, dovrebbero avere il rispetto democratico dell’intera popolazione rappresentata e di conseguenza delle scelte portate a compimento così altamente “rappresentative” (il 97 circa di percentuale).
L’altro paradosso è dato dalla scelta di porre in evidenza il fatto che la riduzione avvantaggerebbe chi ha più mezzi e più risorse, i più ricchi e possidenti. Sono perfettamente d’accordo, ma mi impunto sui pilastri della mia polemica, che – lo ribadisco – è da Sinistra, senza “se” e senza “ma”. C’è qualcuno che vuole farci credere che sarebbe il numero (un compagno mi ha detto che lui sarebbe favorevole anche a raddoppiare, triplicare il numero dei parlamentari) a decretare l’applicazione democratica della Carta o la presa in carico degli interessi dei più deboli tra i rappresentati? a far sì che ad essere rappresentanti possano essere chiamati figli del popolo come volevano alcuni nostri “padri” storici e costituenti?
Ciò che è drammatico – a me pare – è che nessuno tra i sostenitori primari del mantenimento dell’attuale numero di parlamentari, nessuna forza politica, ivi compresa la Sinistra ed il Movimento 5 stelle, abbia una visione aperta e democratica pronta a rivedere i meccanismi primari nella scelta dei propri “rappresentanti”. Trovo sia elitaria dappertutto: come si scelgono i rappresentanti del popolo? Con quale legge elettorale? Vedo listini bloccati e candidature uniche nei quali e nelle quali gli aspiranti “eletti” sono inseriti dall’alto delle Segreterie con decisioni tutte all’interno di chiuse stanze su undicazioni degli apparati, quelli macro e quelli micro, quelli interni e quelli esterni, ma sempre “tali” sono.
D’altronde chi naviga, chi – come me – ha navigato nel mare della Politica sa perfettamente che non è consentito per limiti oggettivi la pratica della Politica amministrativa e parlamentare a chi non abbia risorse proprie o a suo sostegno, a meno che non si abbiano “padrini” illuminati alle spalle, che prima o poi, però, potrebbero passare all’incasso, per sè o per i suoi.

Il titolo “ I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE” può apparire fuorviante ma, leggendo il post n.2 forse riuscirò a spiegarlo.

Joshua Madalon

27 febbraio 2020

I VASI COMUNICANTI, MACHIAVELLI E IL NUOVO PRINCIPE perchè NI o forse SI parte 2

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Nel post di ieri non era chiaro il riferimento al titolo. Qui, dopo alcune righe di ulteriore commento alle ragioni del NO e quelle del NI o forse del SI, brevemente illustro il senso del titolo.

“o Franza o Spagna, purché se magna”

In linea di principio il ragionamento di chi propende per il NO non fa una grinza, tuttavia…..pecca di concretezza, disegnando un Paese assai lontano dalla realtà e ad esso rapportandosi nelle analisi e nelle prospettive. Costruito intorno ad un’ utopia ideologica. Purtroppo è uno dei difetti periodici della Sinistra, quello di assumere come propria la difesa di fortini dentro i quali si annidano poi molti dei suoi nemici, ipocriti e ciarlatani, ingannatori. E’ così che tanta gente per bene, convinta di partecipare ad una sacra crociata si trova ad essere fantoccio inconsapevole del Potere, quello senza distinzione di colore o casacca, che nel mentre si lancia contro il qualunquismo, se ne avvantaggia crogiolandosene al suo interno.
L’incauto ingenuo sostenitore di tali pseudo difensori della Democrazia e della Libertà utilizza, pensando a propri ideali vantaggi, una costante sopravvalutazione dell’elemento ideologico fondamentalmente acritico ed improduttivo a asvantaggio della concretezza. C’è chi è convinto di porre un argine alla Destra ma non si rende conto che va sostenendo forme ormai indistinte di governo.
Comunque vada i conti per chi conta andranno a gonfie vele. Ecco il riferimento ai vasi comunicanti. O si vota o non si vota i vuoti si riempiranno, gli spazi saranno coperti sempre dalle stesse persone, quelle che verranno scelte al di là di quanto uno, o più di uno, avrebbe desiderato.
Si fa un gran argomentare di rappresentanza ma nulla si dice e nulla si è fatto e si fa nel concreto per riformare la modalità di reclutamento e di inserimento nelle liste dei candidati. Gli esempi concreti non mancano: a Prato, città nella quale vivo e dalla quale scrivo, gli elettori del Centrosinistra, di quel PD rosa pallido, alle ultime elezioni politiche avevano l’unica possibilità di votare un candidato davvero spurio, lontano dal territorio e “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. E nel meccanismo elettivo regionale nella prossima occasione ci saranno ancora una volta listini bloccati.
Si parla molto per slogan e non si scende mai nel concreto. Al di là dei numeri dei parlamentari ci sarebbe davvero da riformare il meccanismo rappresentativo, rendendolo più legato ai territori ed in grado di corrispondere maggiormente ad una sua diretta rappresentanza.
Inoltre sarebbe opportuno avere rappresentanze più diffuse sui territori e meno nel Parlamento. Chi oggi si impegna a mantenere (o, come dice un compagno ad aumentare addirittura) il numero di “parlamentari”, dovrebbe nel contempo impegnarsi – MA NON A CHIACCHIERE – a realizzare un DECENTRAMENTO operoso più collegato ai territori periferici.

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Allorché richiamo la figura di Machiavelli mi ricollego essenzialmente al suo “pessimismo”, quello con il quale egli interpreta il conformismo degli intellettuali e l’”utilidiotismo” dei suoi contemporanei, nessuno escluso.
Certamente la figura “forte” che a volte si auspica da parte del “popolo” sarebbe una reale punizione della dabbenaggine comune e della incapacità a concretizzare un discorso più ampio e collettivo di tipo riformatore che parta davvero, però, dai bisogni dei tanti: se ne avvantaggerebbero “tutti”, non solo i più potenti, perché vivere in un mondo più felice rende tutti felici.
Uno dei rischi, forse il più duro per chi crede negli ideali, sarebbe la rivalutazione del “qualunquismo”, del disimpegno. Una Democrazia che tuttavia non vede la partecipazione dei cittadini (vedi Napoli e poi pensa anche al referendum nel quale il “quorum” non sarà significativo per il raggiungimento del risultato) andrebbe riformata. Ovviamente occorrono dei “correttivi” democratici rispettosi della ragione di una possibile maggioranza. Oggi tutto ciò non è possibile, ma un legislatore dovrebbe intervenire in merito, non fermarsi all’immanenza degli eventi.
Ecco alcune delle ragioni per cui mi sento molto lontano da coloro che, senza costruire progetti e prospettive ragionevoli, affermano che occorra votare contro il taglio dei parlamentari.

Joshua Madalon